Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Banca di Palermo s.p.a. proponeva innanzi al Tribunale di Palermo opposizione allo stato passivo del fallimento della società Gargano Carlo e dei singoli soci per lamentare l’esclusione dallo stato passivo di plurime distinte voci di credito vantato nei confronti della società fallita, originato da rapporti intercorsi tra quest’ultima e la Cassa Rurale di Monreale Banca di Credito Cooperativo s.r.l. ad essa ceduti. Per quel che rileva, si trattava di credito privilegiato relativo al conto corrente n. 010156095, in L. 5.473.992 per sorte capitale, L. 2.68.641 per interessi di mora sino al 31 dicembre 1997 al tasso convenzionale del 20,50% e interessi maturati successivamente al detto tasso sino alla data del fallimento ed al tasso legale durante la procedura, e di credito privilegiato per mutuo ipotecario di cui all’atto 25 settembre 1992 per notaio Pennisi, di L. 424.142.346 per capitale, L. 295.858.526 per interessi di mora maturati sino al 31.12.1997 al tasso del 22%, di L. 9.804.660 per successivi interessi maturati al tasso dell’11,23% sino alla data del fallimento ed interessi legali successivi. Le restanti voci si riferivano a credito chirografario relativo all’apertura di credito in conto corrente n. (OMISSIS) ed agli esborsi della procedura esecutiva immobiliare intrapresa nei confronti della fallita. Il Tribunale respingeva l’opposizione con sentenza 18/22.1.2004, ritenendo indimostrate tutte le ragioni di credito addotte dalla banca istante. Sosteneva in particolare, quanto al credito per mutuo ipotecario, che non era stata provata l’effettiva erogazione della somma mutuata. La creditrice Banca di Palermo impugnava la decisione innanzi alla Corte d’appello di Palermo che con sentenza n. 1977 depositata il 21 dicembre 2009 e notificata il 26 febbraio 2010, ne ha disposto parziale riforma.
Ritenendo acquisita la prova dell’effettiva erogazione della somma mutuata, ha ammesso allo stato passivo della società e dei soci illimitatamente responsabili il relativo credito. Nel resto ha sostenuto che l’istante non avesse ragione di dolersi della mancata ammissione dei crediti per saldo passivo dei conti correnti, avendo corredato la domanda di estratti conto relativi ai soli movimenti intervenuti tra le date dell’11 settembre 1995 ed il 31 dicembre 1997, pur riferendosi i conti di cui trattasi all’inizio del 1990. Il saldaconto peraltro non rappresenta prova idonea del credito.
Contro questa pronuncia il curatore fallimentare ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi resistiti dalla Banca di Palermo intimata con controricorso.
Motivi della decisione
Venendo in rilevo preliminarmente, l’eccezione della controricorrente d’inammissibilità del ricorso è infondata:
1.- la procura alle liti apposta a margine del ricorso, priva della sottoscrizione, asseritamente prescritta a pena di nullità, dell’Avv. Giuliana Sangiorgi, difensore munito di procura congiunta all’altro difensore Avv. Gaetano Sangiorgi, indica quest’ultima quale domiciliataria, qualità ribadita nell’intestazione del ricorso, la cui sottoscrizione, alla luce di consolidata giurisprudenza – per tutte Cass. n. 11556/1995, non è prescritta nè in calce al ricorso, nè tanto meno in calce alla procura.
2.- In ordine al difetto di specialità desumibile poi dall’omessa indicazione nel testo della procura stessa del provvedimento di autorizzazione all’impugnazione disposto dal g.d. nonchè della decisione contro cui è indirizzata l’impugnazione, occorre rilevare che il requisito in discorso, quanto alla riferibìlità alla decisione contro cui è indirizzata l’impugnazione è soddisfatto con l’apposizione della procura a margine del ricorso stesso. Siffatta omissione non incide sull’ammissibilità del ricorso medesimo che contenga tutti gli elementi prescritti, perchè la stretta e materiale inerenza del mandato all’atto d’impugnazione osta a che tale lacuna determini alcuna incertezza sulla identificazione di quella decisione, alla stregua del contesto del ricorso – Cass. n. 18781-2011. Quanto all’autorizzazione del giudice delegato ne è sufficiente l’indicazione nel corpo del ricorso non essendo essa prescritta a pena di nullità nel testo della procura, nondimeno il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in ragione della sua tardività. Il termine, dimidiato secondo il disposto dell’art. 99, L. Fall., nel testo ante riforma applicabile ratione temporis, riduce a trenta giorni quello previsto per proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di appello, decorrenti dalla notifica della sentenza di secondo grado (per tutte Cass. n. 10905/2010). Nel caso di specie, la sentenza di appello risulta notificata il 26.2.2010 mentre il ricorso è stato notificato il 27.4.2010, ben oltre, quindi, il termine di trenta giorni, scaduto il 28.3.2010. Il rilievo assorbe ogni altra statuizione.
Il ricorso principale va, pertanto, dichiarato inammissibile, e segue alla soccombenza la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3.200,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali e accessori di legge.
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