APPALTO PRIVATO INTERVENTO IN CAUSA E LITISCONSORZIO
Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole
Svolgimento del processo
A. M. e R D. L. in proprio, quali eredi del figlio V. M. ed esercenti la potestà genitoriale sulle altre eredi, M. A. e R. M., convenivano innanzi al tribunale di Nola il condominio Parco Quadrifoglio, fabbricato F, via Romani, S. Anastasia, ed, assumendo che la canna fu M. del fabbricato era rovinata sull’autovettura, sulla quale essi si trovavano assieme al figlio, cagionando lesioni gravissime alle loro persone e provocando la morte del figlio, chiedevano la condanna del condominio al risarcimento dei danni a norma degli artt. 2043, 2051 e 2053 c.c..
Instauratosi il contraddittorio, il condominio chiedeva il rigetto della domanda e l’autorizzazione a chiamare in causa il costruttore, M. M., il progettista, R. D. L., il direttore dei lavori, G. R., deducendo che il crollo della canna fu M. era dovuto ad anomale raffiche di vento; che non poteva sapere che la canna non era ancorata alla parete, ma ad essa semplicemente appoggiata; che eventuali responsabilità a titolo contrattuale o extracontrattuale ricadevano sul M., sul D. L., sul R., cui aveva denunciato l’evento.
Venivano chiamati in causa questi ultimi; il M. non si costituiva; gli altri sostenevano che il distacco della canna fu M. si era verificato anni prima, tant’è che per iniziativa del condominio erano stati eseguiti lavori di ripristino; che fino al 1982 si erano occupati della progettazione e direzione dei lavori, mentre si erano interessati della direzione tecnica del cantiere l’ing. V. B., della successiva direzione dei lavori l’ing. A. G., del collaudo l’ing. A. L. R.; coerentemente chiedevano il rigetto della domanda che li concerneva;
subordinatamente l’esclusione della loro responsabilità, essendo responsabili l’appaltatore, il B., il R., il G.. Gli ultimi tre, chiamati in causa, si costituivano: il B. eccepiva la decadenza a norma dell’art. 1669 c.c. e la prescrizione a norma dell’art. 2947 c.c.; contestava inoltre la propria responsabilità; il R. sosteneva di avere eseguito nel lontano 1982 un semplice collaudo tecnico amministrativo del fabbricato; il G. deduceva di avere curato la direzione dei lavori di sistemazione delle aree esterne quando la canna fu M. era già installata; in corso di causa pure il R. ed il G. eccepivano la decadenza e la prescrizione.
Il tribunale pronunciava sentenza, con la quale statuiva che la domanda attrice non si poteva ritenere automaticamente estesa ai terzi chiamati, attesa la natura impropria della garanzia fatta valere; che nel mentre la decadenza non operava nei confronti del D. L. e del R., essendo stato denunciato tempestivamente ai medesimi il vizio dell’opera, operava, invece, nei confronti degli altri; che l’eccezione di prescrizione era irrituale sia perchè tardiva e sia perchè priva di tipizzazione.
Il D. L. ed il R. proponevano gravame principale, il condominio gravame incidentale; ordinata l’integrazione del contraddittorio, il M. e la D. R. proponevano, a loro volta, gravame incidentale.
La corte di appello di Napoli, con sentenza resa il 26.10.2001, dichiarava proponibile nei confronti del M. la domanda del condominio ed estesa a tutti i chiamati in causa la domanda del M. e della D. R., considerando per quanto interessa:
risulta nella specie applicabile l’art. 1669 co; non si è verificata decadenza in quanto il vizio è stato denunciato non appena acquisita, dopo il 1985, la conoscenza effettiva della sua obiettiva gravità; il condominio ha chiesto che, in caso di accoglimento della domanda attrice, fosse accertata la responsabilità dei terzi e pronunciata condanna solidale dei medesimi al risarcimento dei danni lamentati; la domanda attrice si è, pertanto, estesa automaticamente a questi ultimi; con la chiamata in causa si è fatta valere la garanzia propria, con la conseguenza che, avendo gli attori postulato la responsabilità ex art. 2043 c.c. ed avendo natura extracontrattuale la responsabilità ex art. 1669 c.c., si è realizzata un’ipotesi di litisconsorzio necessario che rende ammissibile l’appello incidentale tardivo del M. e della D. R., mentre a nulla rileva che tale appello sia rivolto contro la sentenza definitiva in quanto risulta applicabile l’art. 334 c.p.c. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso principale per cassazione il D. L. ed il R., deducendo tre motivi, e ricorso incidentale il B., il R. ed il G., i quali hanno dedotto due motivi ciascuno; a tutti i ricorsi hanno resistito il condominio, il M. e la D. R.; i ricorrenti incidentali hanno aderito al primo motivo del ricorso principale; il M., la D. R., il B., il G. hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1. I ricorsi sono proposti contro la medesima sentenza e vanno riuniti (art. 335 c.p.c.).
2. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1669, 2043, 2051, 2909 c.c., 99, 102, 106, 112, 324 331, 332, 334 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo; nel mentre – si sostiene – gli attori hanno fondato la pretesa risarcitoria sul disposto degli artt. 2043, 2051, 2053 c.c., il condominio ha invocato l’applicazione dell’art. 1669 c.c.; ben vero che secondo la prevalente giurisprudenza – la responsabilità prevista da tale ultima disposizione ha natura extracontrattuale, trascendendo il rapporto privatistico di appalto e conferendo la legittimazione a soggetti estranei danneggiati dal crollo o dal difetto del fabbricato; senonchè la disciplina dell’art. 1669 c.c. si differenzia da quella degli artt. 2043 e 2053 c.c.; la giurisprudenza ha ritenuto per lungo tempo che il rapporto tra la prima norma e le seconde sia regolato dal principio di specialità, mutando solo di recente orientamento ed affermando il principio della coesistenza dei due titoli di responsabilità; alla stregua di tale principio ha ritenuto che il proprietario del fabbricato, nel quale si sono manifestati i vizi che hanno causato danni a terzo, non può pretendere che il danneggiato si rivolga all’appaltatore per ottenere il risarcimento del danno ex art. 1669 c.c. ed è, invece, tenuto a risarcirlo direttamente, salvo, poi, ad agire ex art. 1669 c.c. nei confronti dell’appaltatore per regresso; si tratta, peraltro, di orientamento che rappresenta l’epilogo dell’indebita progressiva degenerazione di una responsabilità di schietta indole contrattuale;
la corte di merito ha erroneamente ravvisato un rapporto unico ed inscindibile nella specie, in cui. gli attori ed il condominio fanno valere titoli di responsabilità differenti e, precisamente, gli attori la responsabilità di cui all’art. 2043 c.c. ed il condominio la responsabilità di cui all’art. 1669 stesso codice; esclusa l’unicità ed inscindibilità del rapporto bisogna escludere l’estensione automatica della domanda degli attori ai chiamati in causa.
3. Con il primo motivo di tutti i ricorsi incidentali si lamenta violazione degli artt. 1669 c.c., 106 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, stesso codice, con l’aggiunta – nei ricorsi del G. e del B. – del vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione; in sostanza si censura la corte di merito per avere ritenuto che la domanda del M. e della D. R. si sia estesa ai chiamati automaticamente al di fuori di qualsiasi istanza, sostenendosi che a questo fine sarebbe stata necessaria l’unicità del rapporto controverso che nella specie è esclusa dall’avere natura impropria e non propria la garanzia fatta valere dal condominio nei confronti del D. L. e del R.. 4. L’interdipendenza e talvolta l’identità delle questioni poste rende opportuna la trattazione unitaria dei motivi.
5.1. E’ opportuno rilevare che la giurisprudenza di questa Corte è oramai orientata a ritenere che l’art. 1669 c.c., nonostante la sua collocazione nell’ambito del contratto di appalto, da luogo ad un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale che, pur presupponendo un rapporto contrattuale, ne supera i confini e si configura come obbligazione derivante dalla legge per finalità e ragioni di carattere generale.
La norma è diretta a tutelare l’interesse di natura pubblica, che trascende quello individuale del committente, alla stabilità e solidità degli immobili destinati ad avere lunga durata in modo che siano garantite l’incolumità e la sicurezza dei cittadini.
Essa si pone in rapporto di specialità con la norma dell’art. 2043 c.c., che prevede in via generale la responsabilità per atto illecito generatore di danno ingiusto (Cass. 9.1.1990, n. 8), sicchè, ove non risulti applicabile la norma speciale, permane la possibilità di applicazione di quella generale (Cass. 7.4.1999, n. 3338).
La legittimazione ad agire contro l’appaltatore ed eventuali soggetti corresponsabili spetta non soltanto al committente ed ai suoi aventi causa, ma anche all’acquirente dell’immobile (Cass. 5.10.1998, n. 9853) e, più in generale, a qualunque terzo che lamenti di essere danneggiato dai gravi difetti della costruzione, dalla rovina o dal pericolo di rovina di essa.
5.2. Il difetto di costruzione, da cui origina la responsabilità ex art. 1669 c.c., consiste in un’alterazione conseguente alla fin soddisfacente realizzazione dell’opera e può riguardare anche una parte accessoria, come la canna fu M., purchè funzionale all’impiego duraturo cui è destinata l’opera (Cass. 19.1.1999, n. 456).
5.3. Con la risalente sentenza 13.1.1960, n. 10, questa Corte ha affermato che la chiamata in causa del costruttore da parte del proprietario dell’immobile, che sia stato convenuto in giudizio dal terzo danneggiato, configura un’ipotesi di garanzia impropria, trattandosi di titoli distinti, collegati solo indirettamente, e con la più recente sentenza 4.12.1999, n. 13584, che la chiamata in causa dell’appaltatore da parte di un ente pubblico convenuto in giudizio per il risarcimento dei danni dal proprietario di terreno irreversibilmente trasformato dall’esecuzione di opera pubblica – per l’accertamento dell’inadempimento al contratto di appalto è esercizio di azione di garanzia impropria ed introduce una causa autonoma e scindibile tra committente ed appaltatore.
A questa giurisprudenza presta adesione il Collegio, considerando che la chiamata in causa del costruttore si fonda su titolo diverso da quello dell’azione del danneggiato contro il proprietario dell’immobile e da luogo a cause distinte e scindibili legate tra loro da un vincolo di subordinazione o di pregiudizialità – dipendenza.
5.4. La corte di merito ha applicato alla fattispecie il principio della estensione automatica -senza bisogno di istanza espressa – della domanda dell’attore al chiamato in causa da parte del convenuto.
Secondo tale principio occorre che il convenuto chiami in giudizio il terzo non al fine di fare valere nei suoi confronti un rapporto di garanzia, bensì al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico q diretto responsabile in ordine alla domanda attrice, sicchè la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio, da parte dell’attore, del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece e contro il quale si dovrà emettere la condanna (Cass. 4.3.2000, n. 2471; Cass. 17.4.2000, n. 4921); in tale caso si verifica ampliamento della controversia tanto in senso oggettivo – perchè la nuova obbligazione dedotta dal convenuto si inserisce nella controversia in via alternativa con quella fatta valere dall’attore quanto in senso soggettivo – perchè il chiamato diventa parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto.
Se non chè, l’estensione automatica della domanda originaria dell’attore nei confronti del chiamato ha quale indispensabile presupposto l’unicità del rapporto controverso; tale presupposto non ricorre se il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall’attore come "causa petendi" della domanda e, nel caso di azione risarcitoria, se il chiamante deduca un titolo di responsabilità differente da quello dedotto dall’attore.
Una situazione cosiffatta va assimilata a quella della chiamata in garanzia impropria per la ragione che, nell’una come nell’altra, il chiamato viene coinvolto nel giudizio non già perchè il chiamante ne deduca la responsabilità diretta ed esclusiva nei confronti dell’attore sulla base dell’unico rapporto fatto valere dall’attore medesimo, bensì perchè deduce un diverso rapporto, all’altro soltanto connesso, che comporta un obbligo di rilievo dalla responsabilità invocata nei suoi confronti con la domanda introduttiva; con la conseguenza che va applicato il principio inverso a quello dell’estensione automatica, stante l’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorchè confluiti nello stesso processo (Cass. 4.3.2000, n, 2471, in motivazione; Cass. 24.1.1997, n. 722).
5.5. Poichè nella specie la domanda attrice è fondata su titolo (responsabilità ex artt. 2043, 2051, 2053 c.c.) diverso da quello, sul quale è fondata la chiamata (responsabilità ex art. 1669 c.c), i motivi in esame vanno accolti e la sentenza impugnata va cassata "in parte qua" senza rinvio, non potendo il giudizio proseguire per tale parte.
6. Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1669, 2697, 2721, 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c.; omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.); si premette che l’onere di provare la denuncia del vizio della cosa fa carico al committente, sicchè ogni incertezza nuoce allo stesso; si deduce che la motivazione della sentenza impugnata non è nè congrua nè corretta nella parte che concerne la denuncia del vizio della canna fu M. al D. L. ed al R.; in particolare si sostiene che la corte di merito ha ritenuto che sia stata inviata a questi ultimi la lettera – contenente la denuncia del vizio prodotta dal condominio e non invece la lettera – non contenente tale denuncia, ma la richiesta di documenti – prodotta dagli stessi destinatari; ciò sulla base dell’argomento che è del tutto implausibile che nella stessa data siano state inviate tre lettere riguardanti lo stesso oggetto, di cui una (quella inviata al M.) contiene la denuncia del vizio e le altre due (quelle inviate al D. L. ed al R.) no.
6.1. Il motivo non può ricevere accoglimento.
6.2. Il ragionamento della corte di merito è nella sostanza che non è plausibile che la lettera inviata al M. contenga la denuncia del vizio e quelle inviate nella stessa data al D. L. ed al R. no, sicchè va ritenuto che siano state spedite le lettere prodotte dal condominio contenenti la denuncia e non quelle prodotte dal D. L. e dal R. che non la contengono; lettere, queste, che si presentano inoltre diverse dal punto di vista grafico.
Il ragionamento è tutt’altro che illogico e non vale certo ad incrinarne la validità l’affermazione che le lettere possono essere state manipolate.
In questo contesto perde significato la questione concernente l’onere probatorio.
7. Con il terzo motivo del ricorso principale si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1669, 2697, 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonchè omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.); si sostiene che la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere e fin dal 1985 il condominio aveva acquisito conoscenza del vizio, essendosi all’epoca verificatisi fenomeni fessurativi dell’intonaco nella zona di congiunzione della canna fuM. con l’edificio ed essendosi proceduto a lavori di ancoraggio della canna fuM. di altro consimile edificio, nel quale si erano presentati fenomeni della stessa natura; il non averlo la Corte ritenuto concreto vizio di motivazione con ricaduta sulla decadenza dalla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c..
7.1 Neppure questo motivo può trovare accoglimento.
7.2 La Corte di merito ha espresso il convincimento che i fenomeni fessurativi hanno interessato solo l’intonaco e contro tale convincimento a nulla vale l’osservazione, non supportata da validi argomenti, che la Corte stessa avrebbe dovuto egualmente ritenere raggiunta la consapevolezza, da parte del condominio, del distacco della canna fuM..
8. E’ inammissibile per carenza di interesse il secondo motivo di tutti i ricorsi incidentali.
8.1 Con tale motivo, di fatti, si lamenta violazione degli artt. 2909 c.p.c., 324, 325, 326, 327, 331, 334, 340 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, stesso codice, per avere la Corte di merito accolto l’appello del Martacci e della D. R., ancorchè indirizzato contro capo definitivo della sentenza di primo grado passato in giudicato, e per avere, conseguentemente, ritenuto estesa in modo automatico ai ricorrenti incidentali la domanda proposta dagli anzidetti M. e D. R.. 9. In conclusione, il primo motivo del ricorso principale e dei ricorsi incidentali vanno accolti; la sentenza impugnata va cassata senza rinvio in relazione ai motivi accolti; il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale vanno rigettati, mentre va dichiarato inammissibile il secondo motivo dei ricorsi incidentali.
10. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di Cassazione; rimane ferma la statuizione concernente le spese della sentenza di appello, contenendo la medesima altre pronunce oltre quella cassata.
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