Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-05-2012, n. 8007

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 22 luglio 1999 la signora Cu.Br., a mezzo del procuratore speciale C.G., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Udine, chiedendo (oltre al risarcimento dei danni per indebita occupazione) la revoca della sentenza n. 871 del 1997 con la quale il Pretore di Udine aveva dichiarato (malgrado non ne sussistessero le condizioni) l’intervenuto acquisto per usucapione in capo a Z.S. dell’immobile, sito in (OMISSIS), al mappale n. 433, foglio 2, a danno dell’asserita proprietaria P.M., nel mentre, all’epoca, proprietaria dello stesso immobile era P.N. in virtù di acquisto (da P.M.) per atto pubblico dell’11 settembre 1986, regolarmente trascritto, che, poi, con atto di compravendita del 30 aprile 1999, lo aveva alienato in favore di essa Cu.

B.. Nella costituzione dei convenuti Z.S. e P. M., il Tribunale adito, con sentenza n. 1354 del 2002, accoglieva l’opposizione di terzo e revocava la sentenza impugnata, condannando i medesimi convenuti al risarcimento dei danni nella misura di Euro 6.000,00.

Interposto appello (con un unico atto di citazione) da parte dei due indicati convenuti, nella resistenza dell’appellata (costituitasi mediante il suddetto procuratore speciale), la Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 187 del 2006 (depositata il 5 aprile 2006), rigettava il proposto gravame e, per l’effetto, confermava l’impugnata sentenza, condannando gli appellanti, in solido fra loro, alla rifusione delle spese del grado.

A sostegno dell’adottata decisione la Corte territoriale, dichiarata l’infondatezza della doglianza relativa al supposto difetto di legittimazione passiva della P.N. in relazione alla domanda di usucapione dello Z., riconosceva la derivante legittimità in capo alla successiva acquirente Cu.Br. a proporre opposizione di terzo (da ricondursi a quella di cui all’art. 404 c.p.c., comma 1), sulla scorta del titolo debitamente prodotto agli atti del giudizio, in base al quale la stessa Cu. non avrebbe potuto considerarsi avente causa da una delle parti, avendo acquistato da un terzo, prima della proposizione della sua domanda.

In particolare, la Corte triestina riteneva che la Cu. era certamente legittimata alla proposizione dell’intentata opposizione, vantando un diritto di proprietà autonomo, ossia insensibile al giudicato formatosi "inter alios", ed incompatibile con tale accertamento, poichè il suo diritto di proprietà era in evidente contrasto con l’accertato acquisto della proprietà sui medesimi beni a favore dello Z.. Avverso la menzionata sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione Z.S. e P.M. riferito a tre motivi, nei riguardi del quale si è costituita, in questa fase, con controricorso, l’intimata Cu.

B., a mezzo del suo procuratore speciale C.G..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 3, (ante novella), corredandolo con la formulazione del seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. ("ratione temporis" applicabile): "dica la Corte se costituisca domanda nuova l’opposizione di terzo ordinaria rispetto all’opposizione di terzo revocatoria proposta da Cu.Br. a mezzo del suo procuratore speciale C.G. nell’atto di citazione di opposizione di terzo e se, pertanto, è da dichiararsi inammissibile per violazione dell’art. 183, comma 3, ante novella, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, domanda nuova per la quale gli odierni ricorrenti non avevano accettato il contraddittorio". In particolare, secondo la prospettazione dei ricorrenti, la domanda introduttiva del giudizio di primo grado, per come impostata dalla Cu.Br., si sarebbe dovuta ricondurre a quella di opposizione di terzo revocatoria ai sensi dell’art. 404 c.p.c., comma 2, e che solo nella memoria autorizzata ai sensi del previgente art. 183 c.p.c. (depositata il 25 marzo 2000) la stessa aveva qualificato l’azione proposta come opposizione ordinaria di terzo prevista dallo stesso art. 404 c.p.c., al comma 1, in tal senso procedendo ad una inammissibile "mutatio libelli", sulla quale i convenuti non avevano inteso accettare alcun contraddittorio.

1.1. Il motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.

Posto che, in tema di interpretazione della domanda, il giudice di merito è tenuto a valutare il contenuto sostanziale della pretesa, alla luce dei fatti dedotti in giudizio e a prescindere dalle formule adottate, il giudice di primo grado, nella controversia in esame, sulla scorta dei fatti esposti in causa e della prospettazione di un "petitum" orientato all’ottenimento della declaratoria di inopponibilità nei suoi confronti della sentenza resa in materia di usucapione tra Z.S. e P.M., di nessuno dei quali l’attrice risultava avente causa (o creditrice), aveva esattamente ricondotto l’azione proposta nell’alveo della previsione di cui all’art. 404 c.p.c., comma 1, ovvero qualificandola come opposizione ordinaria di terzo. Del resto, nell’atto di citazione non vi era alcun riferimento all’opposizione di terzo revocatoria (essendo esso riferito nell’intestazione, in senso generico, ad una opposizione di terzo) nè ai suoi presupposti giustificativi che presupponevano una diversa qualità dell’attrice e la configurazione di una condotta dolosa o collusiva dei convenuti, ragion per cui, altrettanto correttamente, il giudice di prime cure, sulla base della suddetta qualificazione dell’azione, aveva ritenuto che la stessa fosse svincolata dall’osservanza di un termine decadenziale (alla stregua della disciplina di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. applicabile alla sola opposizione di terzo revocatoria).

Conseguentemente, con la chiarificazione (con la quale si ribadiva l’avvenuta proposizione dell’azione ex art. 404 c.p.c., comma 1) operata nella memoria autorizzata ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 5, (nel testo ante novella 2005), la difesa dell’attrice si era limitata ad una mera precisazione della domanda proprio per replicare alla deduzioni avverse senza, perciò, porre in essere alcuna "mutatio libelli" rispetto alla domanda originaria.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione dell’art. 404 c.p.c., comma 1, e la carenza di legittimazione attiva della Cu.Br., proponendo al riguardo il seguente quesito di diritto: "dica la Corte se Cu.Br., quale acquirente a titolo particolare dalla venditrice P.N. dell’immobile sito in (OMISSIS) distinto al F. 2 mapp. 433 (ex 396/B), oggetto di sentenza di usucapione in favore di Z.S., era legittimata a proporre opposizione di terzo nei confronti di Z. S. quando la stessa, alla data della notifica dell’atto di citazione per opposizione di terzo avvenuta in data 21 luglio 1999, già risultava proprietaria dell’immobile di cui alla sentenza di usucapione in favore dello Z.S. avendo stipulato il contratto di compravendita presso il notaio C.F. alla precedente data del 30 aprile 1999 e ciò in violazione degli art. 404 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 3".

In particolare, con la doglianza in questione, i ricorrenti hanno inteso prospettare che quando la Cu.Br., a mezzo del suo procuratore speciale C.G., aveva notificato l’atto di citazione in opposizione di terzo in data 21 luglio 1999, la stessa risultava già proprietaria dell’immobile identificato al foglio 2 mapp. 433, sito in (OMISSIS) e ciò a seguito del contratto di compravendita rogato dal notaio Conte in data 30 aprile 1999 e trascritto nei pubblici registri il 4 maggio 1997.

Conseguentemente, secondo l’assunto dei ricorrenti, la Cu.

B. non era legittimata a proporre opposizione di terzo bensì, essendo a suo dire il bene – a seguito di sentenza di usucapione intervenuta "inter alios" – nel possesso di un terzo, avrebbe dovuto esercitare azioni tipiche proprie a tutela del diritto di proprietà. 2.1. Anche questa censura è priva di fondamento e va, quindi, respinta. Sul piano generale si osserva che l’opposizione di terzo ordinaria, prevista dall’art. 404 c.p.c., comma 1 può essere proposta da qualsiasi terzo che ritenga la sentenza passata in giudicato, o comunque esecutiva, pronunciata "inter alios", pregiudizievole dei suoi diritti. La relativa legittimazione a proporre tale impugnazione straordinaria presuppone, in capo all’opponente, la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra altre parti e alla quale si ricollega la produzione del pregiudizio incidente negativamente sulla sua sfera giuridica (cfr, da ultimo, Cass. n. 9647 del 2007; Cass. n. 6179 del 2009 e Cass. n. 8888 del 2010). Il rimedio impugnatorio in discorso consente, quindi, di superare, in via eccezionale, le preclusioni del giudicato al solo fine di rimuovere il pregiudizio di un diritto autonomo del terzo, che questi non sia stato messo in grado di far valere nei riguardi delle parti della controversia sfociata nell’emissione della sentenza "pregiudizievole", ma che egli avrebbe potuto in quel momento (ossia nei medesimo contesto, fattuale e normativo, considerato e cristallizzato dalla sentenza opponenda) viceversa far valere, ove avesse partecipato al giudizio. Sulla scorta di tali presupposti la giurisprudenza di questa Corte ha, perciò, statuito che la sentenza passata in giudicato (o, comunque, esecutiva), che riconosca la proprietà di un bene ad un soggetto nei confronti di un’altra parte, costituisce una situazione giuridica incompatibile con il diritto di proprietà vantato sullo stesso bene da un terzo, il quale può, pertanto, proporre l’opposizione di terzo ordinaria contro la sentenza (cfr. Cass. n. 8490 del 2000).

Alla stregua di tali considerazioni la Corte triestina ha correttamente confermato la sentenza di primo grado (con la quale era stata accolta la domanda in opposizione ex art. 404 c.p.c., comma 1), essendo rimasto accertato inequivocabilmente in fatto che la Cu. aveva agito in qualità di terzo rispetto alla sentenza n. 871 del 1997 (passata in giudicato) del Pretore di Udine intervenuta tra lo Z.S. e la P.M. con la quale era stato dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione dell’immobile in favore del primo, bene che era stato alienato in favore della Cu., con atto pubblico del 30 aprile 1999 (regolarmente trascritto), dall’effettiva proprietaria dello stesso P. N. (che lo aveva acquistato fin dal 1986, con atto pubblico idoneamente trascritto, dalla stessa P.M., consorte dello Z., che ne era rimasta mera intestataria catastale e che era stata convenuta, in via esclusiva, nel giudizio di usucapione).

Pertanto, la Cu., alla luce dello svolgimento della complessa vicenda, non rivestiva la qualità di avente causa di una delle parti in giudizio all’esito del quale era stata emessa la sentenza di acquisto per usucapione in favore dello Z., poichè aveva acquistato da un terzo, ovvero dalla P.N., titolare effettiva del diritto di proprietà sul bene controverso, che era rimasta estranea al giudizio sfociato nell’impugnata sentenza, nonostante ella fosse l’effettiva legittimata ad esservi evocata (ragion per cui la suddetta sentenza era risultata fondata su presupposti erronei ed intervenuta contro una convenuta priva di legittimazione). In tal senso, quindi, se la legittimazione a proporre opposizione, ai sensi dell’art. 404 c.p.c., era riconoscibile in capo alla P.N., in qualità di terzo, per far valere l’effettiva titolarità del diritto dominicale sul bene dedotto nella controversia culminata nella sentenza favorevole allo Z. (al quale ella non aveva partecipato), la stessa legittimazione era da attribuirsi anche alla Cu. che aveva acquistato a titolo derivativo da tale terzo, con atto successivo alla sentenza impugnata (e passata in giudicato), in considerazione della sua condizione di soggetto subentrante nei diritti del dante causa (cfr. Cass. n. 3885 del 1985, anche in relazione alla citata Cass. n. 8490 del 2000). A tal riguardo, quindi, in definitiva, risulta conforme ai richiamati principi giuridici la decisione della Corte friulana con la quale è stato statuito che la Cu. (nella predetta qualità) era, nel caso di specie, legittimata all’esperimento dell’impugnazione prevista dall’art. 404 c.c., comma 1, vantando un diritto di proprietà autonomo ed insensibile al giudicato formatosi "inter alios" ed oggettivamente incompatibile con tale accertamento dal momento che il suo diritto di proprietà era in palese contrasto con il dichiarato acquisto della proprietà sul medesimo bene da parte dello Z., intervenuto con la sentenza oggetto dell’opposizione di terzo e dalla quale, quindi, ella riceveva un concreto pregiudizio alla sua sfera giuridica (donde la necessità della declaratoria dell’inopponibilità nei suoi confronti dei relativi effetti riflessi della sentenza oggetto di impugnazione).

3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per omessa o, quanto meno, insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), chiedendo a questa Corte di pronunciare il suo giudizio in ordine alla seguente circostanza: "se il Tribunale di Udine prima e la Corte di appello di Trieste poi, con sentenza n. 187/06, potevano revocare la sentenza n. 817/97 emessa in data 22/11/1997 dal Pretore di Udine senza che la parte opponente avesse provato che la citata sentenza di usucapione n. 871/97 era effetto di dolo o collusione a danno della P.N., parte venditrice dell’immobile alla Cu.Br. e senza che sul punto nè il giudice di primo grado nè quello di appello abbia motivato alcunchè e ciò in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5". 3.1. Questo motivo è inammissibile per inosservanza del requisito prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. ("ratione temporis" applicabile nella fattispecie), poichè, per giurisprudenza costante di questa Corte, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo "iter" argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (modalità questa non idoneamente rispettata con il motivo in discorso).

In ogni caso la doglianza si prospetta manifestamente infondata perchè, per come già rilevato con riferimento al primo motivo, la domanda era stata, sin dall’origine, formulata ed inquadrata come opposizione di terzo ordinaria, ragion per cui sia il Tribunale di Udine che la Corte di appello di Trieste hanno legittimamente incentrato il loro esame sui fatti così come dedotti (in relazione alla qualità di terzo spesa dalla Cu. e alla sua richiesta di revoca dell’impugnata sentenza, in quanto inefficace nei suoi confronti) a fondamento del proposto rimedio impugnatorio e sui relativi presupposti giustificativi, senza, perciò, che dovesse includersi nella materia del contendere la valutazione delle differenti condizioni previste dalla diversa forma di opposizione di terzo revocatoria di cui all’art. 404 c.p.c., comma 2 (anche con riguardo all’accertamento del dolo o collusione fra le parti del giudizio definito con la sentenza oggetto d’impugnazione), che non costituiva propriamente l’oggetto del "petitum" proposto con l’azione effettivamente instaurata. 4. In definitiva, sulla scorta delle complessive ragioni esposte, il proposto ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in via fra loro solidale, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidati in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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