Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. D.L. ed C.A. propongono ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, articolati ciascuno sotto plurimi profili ed illustrati con memoria, avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno, depositata il 26.11.2007, che, confermando quella di primo grado, ha respinto l’opposizione tardiva proposta dalla prima avverso il decreto ingiuntivo relativo al credito oggetto della controversia. La società intimata non ha svolto attività difensiva. 1.1. L’appello era stato ritenuto infondato, poichè, trattandosi di opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, occorreva valutare prima di ogni altra cosa se vi fosse stata alcuna nullità o irregolarità della notificazione del decreto ingiuntivo opposto e se tale eventuale vizio avesse impedito la rituale e tempestiva proposizione dell’opposizione. L’atto di opposizione tardiva a decreto ingiuntivo costituisce il mezzo, concesso al debitore ingiunto, di (ri) mettere in discussione i fatti costitutivi del diritto azionato da controparte con la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo. A rafforzare la perentorietà del termine ex art. 641 cod. proc. civ. per la proposizione dell’opposizione ordinaria, al debitore è concesso di ridiscutere il merito esclusivamente in pochi, tassativi casi in cui egli dimostri di non essere stato in grado di farlo tempestivamente per cause, in una sola parola, a lui non riconducibili; ma tanto a condizione che sia da lui provata la sussistenza non solo dei singoli presupposti dell’opposizione tardiva (caso fortuito, forza maggiore, vizio di notifica), ma anche del nesso eziologico tra essi e la mancata tempestiva proposizione di opposizione ordinaria: egli deve non solo allegare, ma anche fornire idonea prova in ordine alla concreta articolazione delle relative circostanze, della loro posteriorità alla conoscenza del decreto ingiuntivo e della loro ostatività alla tempestività della proposizione dell’opposizione. Sul punto, con ragionamento scevro da censure ed in tutto condivisibile, il primo giudice aveva escluso sia la nullità od irregolarità, sia il nesso causale con il mancato tempestivo dispiegamento dell’opposizione; ed invero: – la relata di notifica 11.4.90, che costituisce atto pubblico assistito dalla pubblica fede fino a querela di falso, dava conto che, in uno al precetto, era stato contestualmente notificato il decreto ingiuntivo in questione; – non rilevava chi avesse materialmente predisposto la relata (ammesso che possa provarsi l’autore materiale della predisposizione delle singole parti dei differenti fogli in cui un atto si articola), in quanto essa, sottoscritta dall’Ufficiale notificante, è atto che diviene, con tale sottoscrizione, esclusivo e proprio di quest’ultimo; – non è previsto alcun timbro di congiunzione tra i diversi fogli o le differenti pagine dell’atto oggetto di notifica; – non rilevava di conseguenza in alcun modo che un timbro di congiunzione vi fosse tra alcuni di detti fogli e non fra altri, nè che vi fosse un foglio bianco tra i due atti che si attestavano notificati unitamente; – non è prevista la separata od analitica attestazione, nella relata di notifica, di tutte le attività materiali preparatorie od intermedie di predisposizione del piego o dell’atto da notificare, queste rientrando nella nozione unitaria comunemente accolta della complessa condotta della notificazione, correntemente comprendente proprio la predisposizione della copia ed il suo inserimento nella busta al fine della sua successiva spedizione: con conseguente non necessità di specificare tutti i singoli e minuti atti compiuti dal notificante per "unire" i due atti giudiziari spediti congiuntamente per la notifica e bastando l’attestazione che i medesimi erano effettivamente "uniti"; – rimaneva, in conclusione, insuperabile ogni risultanza della relata di notifica e quindi doveva aversi per ritualmente notificato alla D. anche il monitorio che ella aveva inteso tardivamente opporre con l’atto di citazione notificato il 10.1.00; – doveva pure rilevarsi che, nel corpo del precetto notificato in data 11.4.90, che la D. non contestava di avere ricevuto, vi era sufficiente menzione del decreto ingiuntivo che pure si attestava unitariamente notificato, tanto che la destinataria era stata comunque messa in condizione, almeno in astratto, di dispiegare ogni diligente attività per prendere compiuta conoscenza del contenuto del monitorio ivi richiamato e quindi di dispiegare tempestivamente, avverso di esso, la prescritta opposizione. 1.2. Sempre secondo la Corte territoriale, una volta condivisa la qualificazione, operata dal primo giudice, di inammissibilità della dispiegata opposizione tardiva, conseguiva, in primo luogo, la correttezza del rilievo della preclusione di ogni altra questione di merito relativa ai rapporti di credito, tanto principale che accessorio, sottostanti alla pretesa azionata dalla creditrice Leasing Finanziaria Immobiliare. Il decreto ingiuntivo non (ritualmente o tempestivamente) opposto acquista un’autorità ed efficacia equiparabile a quella della cosa giudicata sostanziale, in relazione al diritto in esso consacrato, tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta, quanto all’inesistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi, tanto che la sua efficacia preclusiva si estende a tutte le relative questioni, impedendo che in un successivo giudizio, avente ad oggetto una domanda basata sullo stesso rapporto, si proceda ad un nuovo esame di esse. Detta preclusione non può non estendersi ai fatti connessi e quindi ai deducibili, in quanto il procedimento monitorio da luogo ad un accertamento che, benchè sommario ed eventuale (in quanto soggetto a verifica in caso di opposizione), deve riguardare innanzitutto l’esistenza e la validità del rapporto giuridico presupposto della pronuncia finale. Erano pertanto precluse, nel caso di specie, tutte quelle questioni relative all’andamento dei rapporti tra le parti, tutti presupposti dal monitorio. 2. Si riportano, di seguito, le censure di cui al ricorso, rispetto alle quali le ricorrenti chiedono cassarsi l’impugnata sentenza con enunciazione dei seguenti principi, da farsi valere anche come quesiti di diritto. 2.1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 644 c.p.c.: 2.1.A. "A termini dell’art. 644 c.p.c., la mancata notifica nei termini di legge del decreto ingiuntivo ne comporta l’inefficacia, e non vi è dunque necessità per la parte che ne ha avuto conoscenza indiretta di dovervi fare opposizione nel merito al fine di evitare gli effetti pregiudizievoli dell’ingiunzione, essendo invero comunque esperibile il rimedio di cui all’art. 188 disp. att. c.p.c. Infatti: "Se un decreto ingiuntivo non è notificato, o la notifica di esso è giuridicamente inesistente, la parte contro la quale è stato emesso può, decorso il termine stabilito dall’art. 644 cod. proc. civ., chiederne la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell’art. 188 disp. att. cod. proc. civ.; invece, se la notifica è nulla, l’inefficacia può essere fatta valere, onde evitare la sanatoria per eventuale acquiescenza, con l’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 cod. proc. civ., fornendo la prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo per irregolarità della notificazione" (Cass. Civ., Sez. 1, 26/07/2001, n. 10183 – Cass. Civ., Sez. Unite, 12/05/2005, n. 9938). 3.1.B. Ancora violazione e/o falsa applicazione dell’art. 650 c.p.c., in relazione all’art. 188 disp. att. c.p.c. e all’art. 644 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., n. 3). 1.B. E’ dovuto l’esame nel merito della controversia afferente al rapporto sottostante all’emissione di un decreto ingiuntivo, quando viene proposta opposizione tardiva in ragione della irregolare notificazione del decreto ingiuntivo stesso. 2.2. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2712-2716 c.c. (ex art. 360 c.p.c., n. 3). Ancora violazione e/o falsa applicazione art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c. (sempre ai fini dell’art. 360 c.p.c., n. 3). 2.2.1. "La mancanza di timbri di collegamento della cancelleria o dell’Ufficiale Giudiziario atti a dare continuità tra la dichiarazione finale del Cancelliere, o dell’Ufficiale Giudiziario, che si riferisce a copie di più atti, priva, soprattutto in presenza di contestazione di controparte, di efficienza probatoria il documento che si esibisce per dimostrare il fatto presupposto che viene contestato". 2.2. "E’ censurabile, pertanto, in cassazione, per violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., la sentenza in cui il Giudice di secondo grado, senza motivare sul punto, ritiene assolta la prova dell’esistenza di un documento composto da più atti, quando il collegamento tra i detti atti non è dimostrabile secondo i principi generali di certezza del diritto e delle situazioni giuridiche soggettive stabilite dall’ordinamento". 2.3. "Quando si è richiesto, per la prova dell’avvenuta notificazione, con un unico mezzo, di più atti, che l’originale di notificazione mostri elementi di continuità fra il primo foglio e quello ultimo su cui è apposta la relata, è irregolare la notificazione che si basi sulle risultanze della sola relata". 2. 3. Violazione e/o falsa applicazione art. 650 c.p.c., comma 1, nonchè art. 148 c.c. – art. 221 c.p.c. (rilevanti art. 360 c.p.c., ex n. 3): "Non occorre querela di falso ex art. 221 c.p.c., nel caso in cui si eccepisca l’insufficienza della dichiarazione del Pubblico Ufficiale ai fini della certezza dell’avvenuta notifica di più atti, diversi fra loro, che si assumono notificati con l’unica relata che li cita". 4.1. Rispetto a tutti gli indicati motivi, proposti a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, non può ritenersi che sia stato idoneamente formulato il prescritto quesito di diritto. Essi, infatti, anzichè essere conclusi con idonei quesiti, terminano con la formulazione dei principi di diritto che il ricorrente vorrebbe vedere affermati. 4.1. Deve ribadirsi che, nel caso di violazioni denunciate – come nella specie – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), il motivo deve concludersi con la separata e specifica formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una chiara sintesi logico- giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità; non può, pertanto, ritenersi sufficiente che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dall’esposizione del motivo di ricorso, nè che esso possa consistere o ricavarsi dalla formulazione del principio di diritto che il ricorrente ritiene corretto applicarsi alla specie, perchè anche una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., secondo cui è, invece, necessario che una parte specifica del ricorso sia destinata ad individuare in modo specifico e senza incertezze interpretative la questione di diritto che la Corte è chiamata a risolvere nell’esplicazione della funzione nomofilattica, che la modifica di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 ha inteso valorizzare (Cass., Sez. 3, 6 dicembre 2011 n. 26211, in motivazione; Cass., Sez. 2, 20 giugno 2008 n. 16941). 4.3. Del resto, consistendo solo nell’indicazione del principio che si vorrebbe affermato, essi non contengono gli altri requisiti ritenuti indispensabili per la formulazione di idonei quesiti di diritto, rappresentati dalla sintesi degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e della sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice (Cass., Sez. 3, Ord. n. 19769 del 17/07/2008; Sez. 3, sent. n. 24339 del 30 settembre 2008). 5. Senza contare che il primo motivo si rivela inammissibile anche perchè formulato senza tenere conto dell’effettiva ratio decidendi. Infatti, diversamente da quanto prospettato dalla parte ricorrente, i giudici di merito hanno ritenuto che la notifica del decreto ingiuntivo fosse avvenuta il 12.4.1990, mediante recapito del plico postale alla stessa destinataria D.L., che aveva firmato per ricevuta, come da avviso controfirmato dall’agente postale, e che dalla relata si rilevava che il decreto ingiuntivo era stato notificato unitamente all’atto di precetto a mezzo posta, ai sensi di legge. Sicchè, dato il tenore inequivocabile della relata di notifica ed in difetto di querela di falso, non poteva essere accolta l’eccezione di nullità della notifica del decreto ingiuntivo per mancanza di timbro di collegamento tra il titolo ed il precetto. In ogni caso, oltre alla presunta irregolarità della notifica, la ricorrente avrebbe dovuto provare il nesso causale tra la presunta irregolarità e la non tempestiva conoscenza del decreto da parte del destinatario; mentre, non negando di aver ricevuto la notifica del precetto, nel quale si faceva espresso riferimento al decreto, aveva confortato la presunzione che nella specie la notifica non avesse impedito la conoscenza del titolo ad esso allegato. 5.1. Stante tale ricostruzione, non specificamente impugnata in punto di fatto, la sentenza della Corte di Appello si rivela in armonia con i consolidati orientamenti di questa S.C. secondo cui: 5.1.a. il ricorso per la dichiarazione d’inefficacia del decreto ingiuntivo, previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc. civ., è ammissibile soltanto con riguardo a decreti non notificati o la cui notifica sia giuridicamente inesistente (ipotesi non ricorrente nella specie, per quanto innanzi osservato), mentre se il decreto è stato notificato, ancorchè fuori termine, o la notifica sia affetta da nullità, l’unico rimedio esperibile è l’opposizione ai sensi dell’art. 645 cod. proc. civ. (Cass. n. 8126/2010; 19799/2006, in motivazione; 19239/2004; v. anche Cass. S.U. n. 9938/2005), come correttamente ritenuto dai giudici di merito; 5.1.b. è incensurabile in sede di legittimità – e non è stata, peraltro, censurata sotto il profilo del vizio di motivazione – la valutazione della Corte territoriale sulla plausibilità dell’unicità della notificazione di più atti indicati in relata come contestualmente notificati (Cass. 9 giugno 1988 n. 3928, in motivazione; v. anche Cass. n. 10835/2007, secondo cui la mancanza di timbro di congiunzione inficia la notifica dell’atto di precetto allorchè tra l’atto di precetto e la notifica sia inserita copia integrale del provvedimento di autorizzazione dell’esecuzione ex art. 482 c.p.c., divenendo corpo unico con il precetto e, supplendo, così, alla relativa trascrizione). 6. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2012
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