Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-06-2012, n. 9353 Garanzia per i vizi della cosa venduta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato nel settembre 2005 la ditta CONFEZIONI ABBIGLIAMENTO di LACARBONARA COSIMO proponeva opposizione, dinanzi al "Giudice di pace di Martina Franca, avverso al decreto ingiuntivo n. 176/2005, con il quale il medesimo giudice le ingiungeva il pagamento della somma di Euro 2.280,60, in favore della DITTA LM. DI PACE, a fronte della fornitura di merce, di cui alle fatture nn. (OMISSIS). L’opponente asseriva l’estinzione del credito in quanto con documento n. (OMISSIS) aveva provveduto alla restituzione alla ditta fornitrice di mt. 1.050 di rotoli di raso non lavorato, concordato per il tramite di L.A., rappresentante di zona della L.M. Di Pace, perchè trattavasi di merce difettosa. Chiedeva, pertanto, la revoca del decreto opposto. Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza dell’opposta, che formalmente disconosceva il documento di trasporto n. (OMISSIS), non essendo il L. autorizzato a concordare alcun reso, merce, peraltro, non ricevuta dalla ditta fornitrice, salvo poi specificare che il raso era relativo ad una partita del 2001, eccepita, altresì, la decadenza dalla denuncia dei vizi per decorso de termine e la prescrizione dell’azione redibitoria, di cui all’art. 1495 c.c., all’esito dell’istruzione della causa, il Giudice di pace adito, dichiarava infondata l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo opposto, con condanna dell’opponente alle spese del giudizio.

In virtù di rituale appello interposto dalla stessa DITTA CONFEZIONI ABBIGLIAMENTO di LACARBONARA COSIMO, con il quale lamentava l’erroneità della motivazione del giudice di prime cure relativamente alla valutazione delle risultanze istruttorie, il Tribunale di Taranto – Sezione distaccata di Martina Franca, nella resistenza dell’appellata, accoglieva il gravame e in riforma della decisione impugnata, dichiarava non dovuta la somma pretesa in motorio. A sostegno dell’adottata sentenza, il giudice del gravame evidenziava, in via preliminare, che non era condivisibile la ricostruzione dell’art. 246 c.p.c. con riferimento alla testimonianza resa da L.A., che ritenuto incapace perchè portatore di un proprio interesse nella controversia, venivano considerate inattendibili le sue dichiarazioni, mentre la conseguenza sarebbe dovuta essere quella della sua non rilevanza giuridica.

Aggiungeva, inoltre, che dalla documentazione acquisita, in particolare dalla raccomandata dell’8.3.2004 inviata dal L., in qualità di procacciatore, alla L.M. DI PACE, risultava il saldo dell’importo di Euro 2.844,89, detratto il valore del reso, e per l’effetto del credito preteso, dal momento che nessuna delle due fatture ammontava alla cifra indicata nell’assegno bancario. Infine, accertato che vi era stata la resa di parte della merce, nessuna eccezione di decadenza e/o prescrizione poteva ravvisarsi nella specie.

Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Taranto – Sezione distaccata di Martina Franca ha proposto ricorso per cassazione la DITTA L.M. DI PACE, che risulta articolato su tre motivi, mentre la intimata, regolarmente raggiunta dalla notifica del ricorso, non si è costituita.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c. per avere il giudice del gravame apoditticamente ritenuto attendibile e capace di testimoniare L. A., dichiaratosi procacciatore di affari di una delle parti in causa. Il motivo è infondato.

Il giudice del gravame ha fatto applicazione di un risalente principio di questa corte, che appare ancora condivisibile, secondo il quale l’incapacità prevista dall’art. 246 c.p.c. si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso sì da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia che ivi è in discussione. Non ha, invece, rilevanza l’interesse di fatto ad un determinato esito del giudizio stesso – salva la considerazione che di ciò il giudice di merito è tenuto a fare nella valutazione dell’attendibilità del teste – nè un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto dell’attuale controversia, proponibili dal medesimo teste o contro di lui, a meno che il loro collegamento con la materia controversa non determini nell’attualità un titolo di legittimazione alla partecipazione a giudizio (v. in tal senso Cass. 20 febbraio 1978 n. 805). In altri termini, deve trattarsi dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., con la conseguenza che nel caso di specie non coinvolgendo la controversia il diritto de teste L.A. a percepire la provvigione quale procacciatore di affari per avere prestato la sua opera per la conclusione del contratto dedotto in giudizio, lo stesso non è incapace a testimoniare ed il rapporto che lo lega ad uno dei contraenti o ad entrambi integra soltanto un elemento per la valutazione della sua attendibilità (in termini, cfr. Cass. 27 marzo 1968 n. 959).

Con il secondo motivo viene denunciato il vizio di motivazione e la violazione e falsa applicazione dell’art. 1744 c.c. per avere il giudice di appello ritenuto di rigettare la domanda sulla scorta della sola deposizione del testimone L., facendo riferimento ad una scarna comunicazione da quest’ultimo trasmessa con raccomandata dell’8.3.2004 alla ditta fornitrice. Detta convinzione del giudice dell’impugnazione sarebbe in contrasto con l’art. 1744 c.c. che vieta tassativamente all’agente e, per analogia, al procacciatore di affari ogni facoltà di concedere sconti e dilazioni ovvero di riprendersi, come nella specie, merce venduta. La doglianza è priva di pregio per le ragioni di seguito esposte.

Il giudice del gravame ha ritenuto che il L. fosse un procacciatore di affari per conto della Ditta L.M. di Pace, avente il compito di promuovere a conclusione di contratti di vendita della merce dalla stessa fornita (art. 1742 c.c.), comprendente anche il compito di riscuotere il prezzo della merce. Quindi, secondo l’accertamento del giudice del merito, il procacciatore procedeva alla riscossione delle somme versate dagli acquirenti in coincidenza" con la consegna della merce ovvero della stipula di ordini successivi. Trattasi di compito aggiuntivo, come risulta dall’art. 1744 c.c., secondo cui l’agente – disciplina applicabile al procacciatore di affari, per quanto compatibile – non ha facoltà di riscuotere i crediti del preponente, richiedendo tale facoltà una attribuzione specifica da parte dello stesso preponente.

L’attribuzione all’agente della facoltà di riscossione dei crediti del preponente, prevista dall’art. 1744 c.c., presuppone un potere rappresentativo o comunque una indicazione in tal senso del creditore (art. 1188 c.c.), la norma però non prevede una forma particolare per la concessione della facoltà di riscossione, ma stabilisce soltanto che ove la stessa sia stata attribuita all’agente "egli non può concedere sconti o dilazioni senza speciale autorizzazione". Da ciò consegue che la pattuizione negoziale per l’attribuzione di un incarico di riscossione può essere concessa in qualunque forma e provata nei modi ordinari, come ha fatto nel caso di specie il giudice d’appello, che ha ritenuto raggiunta la prova dell’autorizzazione telefonica, come emerge dalla stessa testimonianza del L., il quale ha riscosso anche il residuo prezzo incassando l’assegno. In questo senso si è anche espressa la Corte con una pronuncia risalente: "in tema di agenzia, l’avvenuta attribuzione all’agente della facoltà di riscuotere può essere provata, nei casi in cui non sia richiesta la forma scritta, con ogni mezzo di prova e quindi anche con presunzioni" (v. Cass. 19 giugno 1975 n. 24o5). Nè la ditta ricorrente ha provato in sede di merito l’esistenza di un patto che preveda la necessità della forma scritta e quindi corretta è la sentenza impugnata. La motivazione – di cui la ricorrente censura il vizio – per le ragioni suesposte, sussiste ed è logicamente corretta, per essersi il giudice di appello attenuto al citato orientamento giurisprudenziale in quanto, con accertamento di fatto, ha stabilito che il L. era munito di potere di rappresentanza che lo abilitava direttamente a riscuotere e trattare il prezzo (v., ex plurimis, Cass. 19 dicembre 1995 n. 12945;

Cass. 17 maggio 1999 n. 4790; Cass. 24 gennaio 2007 n. 1516).

Con il terzo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c. e dell’art. 1703 c.c. e segg. per essere stata accolta l’eccezione pur essendo stato dimostrato che la merce non è stata resa dal L. alla ditta L.M. Di Pace; di qui la fondatezza delle eccezioni di decadenza e prescrizione sollevate dalla ricorrente fin dalle prime difese. E’ privo di pregio anche detto motivo.

La ditta Confezioni Abbigliamento di Lacarbonara Cosimo nel fare opposizione a decreto ingiuntivo non ha esperito, in via riconvenzionale, actio redhibitoria, nè fatto valere, in via di eccezione, i vizi della merce venduta, ex art. 1495 c.c., u.c., avendo unicamente eccepito l’accordo raggiunto per la restituzione della merce e la conseguente riconsegna della stessa. Sicchè del tutto inconferenti rispetto a detta impostazione difensiva risultano le eccezioni di decadenza e prescrizione dei vizi proposte dalla ricorrente, difetti rispetto ai quali la condotta de procacciatore ne aveva comportato, in ogni caso, il riconoscimento per avere egli agito nel ritiro per espresso incarico della mandante, come dimostrato dalle dichiarazioni del L..

In conclusione il ricorso va rigettato, mentre in assenza di attività difensiva di parte intimata nulla deve disporsi per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione Civile, il 14 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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