Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Gli esponenti sono comproprietari di fondi siti fra i Comuni di Limbiate e di Senago, serviti da una strada vicinale denominata "Stradella".
In data 14.7.2000, gli stessi presentavano al Comune di Limbiate una denuncia di inizio attività (DIA), per la realizzazione di due ingressi carrai (cancelli), in ferro e rete plastificata, con annesse porzioni di recinzione, a protezione della strada suddetta, senza alcuna opposizione da parte dell’Amministrazione Comunale.
Dopo oltre nove anni, in data 29.12.2009, il Responsabile dell’Area Pianificazione Territoriale del Comune di Limbiate, con ordinanza n. 318/2009, ingiungeva agli esponenti ed ad altri soggetti di provvedere alla rimozione dei cancelli carrai di cui sopra, sostenendo che la c.d. "Stradella" fosse in realtà strada di uso pubblico.
Contro la suindicata ordinanza era proposto il presente ricorso, con domanda di sospensiva, per i motivi che possono così essere sintetizzati:
1) assenza dei presupposti per l’autotutela ex art. 378 della legge 2248/1865, all. F;
2) irrilevanza dei motivi a sostegno del provvedimento;
3) illegittimità della revoca della DIA n. 232 del 14.7.2000 per violazione dell’art. 19 della legge 241/1990 ed eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, violazione del principio di affidamento e del principio di proporzionalità.
Si costituivano in giudizio il Comune di Limbiate ed il Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi (di seguito, per brevità, anche solo "Consorzio"), concludendo per il rigetto del ricorso.
In esito all’udienza cautelare dell’11.3.2010, la domanda di sospensiva era accolta con ordinanza n. 243/2010.
Contro quest’ultima ordinanza era proposto appello al Consiglio di Stato, il quale, con ordinanza n. 2593 dell’8.6.2010 disponeva una verificazione, per accertare se la strada vicinale in questione fosse o meno soggetta ad uso pubblico, incaricando del suddetto incombente istruttorio il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Milano o un suo delegato.
Il Direttore Generale del Comune di Milano delegava alle operazioni di verificazione il dr. Agostino Russo.
Quest’ultimo, attraverso consulenza tecnica del 29.11.2010, evidenziava come non apparivano soddisfatte le condizioni per riconoscere l’esistenza di una servitù di uso pubblico sulla strada vicinale di cui è causa.
Nonostante le conclusioni del CTU, il Consiglio di Stato, con successiva ordinanza cautelare n. 5681 del 14.12.2010, accoglieva l’appello del Comune e respingeva l’istanza cautelare avanzata in primo grado, ritenendo prevalente l’interesse pubblico a consentire l’accesso alla strada.
Nel frattempo, con atto depositato il 27.4.2010, proponevano intervento ad opponendum nel giudizio di primo grado due società, la C.D.C. Srl e la Sedi Srl, le quali affermavano anch’esse la natura pubblica della via.
In vista dell’udienza di discussione, le parti, attraverso le proprie memorie difensive, ribadivano le proprie argomentazioni, oltre a sollevare nuove eccezioni di carattere pregiudiziale.
Alla pubblica udienza del 15.12.2011, il difensore dei ricorrenti rinunciava all’eccezione di tardività di deposito, riferita alla produzione documentale del Comune in data 14.11.2011; dal canto suo, il difensore dell’Amministrazione di Limbiate rinunciava all’eccezione circa la presunta tardività della notificazione – nei suoi riguardi – dell’avviso di fissazione di udienza ex art. 71, comma 5°, del D.Lgs. 104/2010.
Le parti procedevano successivamente alla discussione e la causa passava in decisione.
Motivi della decisione
1. In via preliminare, devono essere affrontate le numerose eccezioni pregiudiziali sollevate dalle parti evocate o intervenute in giudizio.
1.1 Il Consorzio, nella propria memoria del 10.3.2010, eccepisce il difetto di giurisdizione dello scrivente Tribunale, a favore del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP).
L’eccezione è infondata.
La giurisdizione del TSAP, ai sensi dell’art. 140 del RD 1775 dell’11.12.1933 (Testo Unico sulle acque ed impianti elettrici), è circoscritta ai provvedimenti che incidono in via diretta ed immediata sul regime delle acque pubbliche (cfr., fra le tante, TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 23.1.2009, n. 212 e TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 31.3.2011, n. 592, con la giurisprudenza nelle stesse richiamata); il provvedimento impugnato, anche se nel proprio iter motivazionale richiama la nota del Consorzio circa un presunto contrasto fra la collocazione dei cancelli e la fascia di rispetto del canale diramatore 18 Valle Seveso, è diretto tuttavia alla salvaguardia ed alla tutela di una via ritenuta soggetta a pubblico transito, tanto è vero che nel dispositivo si ordina la rimozione dei cancelli per consentire appunto il pubblico passaggio sulla via vicinale della Stradella (cfr. il provvedimento impugnato, doc. 14 dei ricorrenti).
In altri termini, l’ordinanza gravata attiene in via diretta ed immediata alla tutela del pubblico transito su una strada vicinale e solo incidentalmente ed indirettamente si riverbera sul regime giuridico delle acque pubbliche.
Si conferma, pertanto, la giurisdizione del tribunale amministrativo.
1.2 Nella propria memoria di costituzione e risposta, il Comune eccepisce dapprima (I°) una presunta non conformità della copia del ricorso anticipata via fax rispetto all’originale.
L’eccezione, che appare peraltro circoscritta alla sola copia inviata anticipatamente a mezzo fax, appare manifestamente infondata, visto che risulta provata l’avvenuta rituale notificazione dell’originale del ricorso a mezzo ufficiale giudiziario, a fronte della quale l’Amministrazione di Limbiate ha potuto compiutamente svolgere le proprie difese in giudizio, sicché nessuna lesione delle prerogative processuali e difensive del Comune si è realizzata.
Eventuali imperfezioni della notifica a mezzo fax appaiono irrilevanti, costituendo semmai mere irregolarità, che non hanno impedito al Comune di prendere piena conoscenza del ricorso, il quale ha quindi raggiunto, quale atto del processo, il proprio scopo, con conseguente esclusione di ogni nullità (cfr. art. 156 del codice di procedura civile).
1.3 La seconda eccezione comunale (II°), riguarda un presunta inammissibilità per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati.
A detta dell’Amministrazione, sarebbero controinteressati tutti i soggetti in qualsiasi modo menzionati nell’ordinanza impugnata.
Sul punto, occorre premettere che il ricorso è stato notificato, oltre che al Comune di Limbiate, anche ad un altro soggetto indicato nell’ordinanza, vale a dire il Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi, per cui non è possibile sostenere l’inammissibilità del gravame, essendo stato notificato ad almeno un soggetto che potrebbe qualificarsi come controinteressato (cfr. art. 41, comma 2°, del D.Lgs. 104/2010, che ricalca la previsione dell’abrogato art. 21 della legge 1034/1971).
Per quanto riguarda l’esistenza di altri controinteressati, occorre dapprima rilevare che i destinatari dell’ordinanza, ulteriori rispetto ai ricorrenti, appaiono semmai cointeressati, vale a dire titolari di una posizione soggettiva analoga a quelli degli esponenti.
Inoltre, se si tiene conto che il provvedimento impugnato è rivolto a garantire l’accesso ad un via asserita come pubblica, gli ipotetici beneficiari del provvedimento stesso sono da identificarsi in tutti coloro che potrebbero, per le più svariate ragioni, transitare sulla via medesima, vale a dire una moltitudine indifferenziata di soggetti, ai quali – evidentemente – non può essere attribuita la qualifica di controinteressati da invocare necessariamente in giudizio.
Con riguardo, poi, alla particolare posizione della società C.D.C. – incidentalmente citata nelle premesse dell’ordinanza – rileva il Collegio come la suddetta società sia intervenuta nel giudizio di appello cautelare promosso dal Comune, prendendo parte alle operazioni di verificazione con un proprio consulente (cfr. le copie delle succitate ordinanze di sospensiva del Consiglio di Stato ed il doc. 37 degli intervenienti), oltre ad avere promosso rituale e tempestivo intervento nel presente giudizio di primo grado, nel quale ha svolto compiutamente le proprie difese; per cui nessuna lesione delle prerogative processuali è stata posta in essere in suo danno.
In conclusione, deve rigettarsi la seconda eccezione pregiudiziale.
1.4 Nella terza eccezione pregiudiziale (III°), il Comune denuncia la presunta inammissibilità del ricorso per mancata esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, in violazione dell’art. 6 del RD 642/1907 (norma oggi abrogata e sostituita dall’art. 40 del D.Lgs. 104/2010).
La censura è però palesemente priva di pregio, visto che nel gravame sono indicate in maniera sufficientemente chiara e precisa le ragioni fattuali e giuridiche degli esponenti, i quali lamentano – con chiarezza, occorre aggiungere – che il Comune di Limbiate intenda aprire al pubblico transito una via che sarebbe invece di esclusiva proprietà privata.
E’ sufficiente, sul punto, una lettura serena dell’atto introduttivo per comprendere gli elementi sui quali sono basate le doglianze, fatto salvo ovviamente il necessario accertamento, in merito, della loro fondatezza.
1.5 Le società intervenienti hanno invece eccepito (cfr. pag. 5 della loro memoria dell’11.11.2011), la sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti alla decisione del gravame, visto che con deliberazione n. 67 del 30.11.2010, il Consiglio Comunale di Limbiate ha aggiornato l’elenco delle strade comunali pubbliche e di uso pubblico, inserendovi la strada vicinale della "Stradella", di cui è causa (cfr. doc. "d" del Comune, depositato il 14.11.2011 ed in particolare l’allegato "A" alla delibera consiliare).
L’eccezione non merita accoglimento, per le ragioni che seguono.
La qualificazione di una strada comunale come pubblica o di uso pubblico non può che avvenire in concreto, tenendo conto delle effettive condizioni del bene ed in particolare di una serie di elementi, quali l’utilizzo da parte di una collettività di persone, l’idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, oltre ad un titolo valido a sorreggere l’affermazione di un diritto di uso pubblico, vale a dire l’uso da tempo immemorabile (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 28.6.2011, n. 3868; 24.5.2007, n. 2621; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 1.6.2011, n. 999; TAR Campania, Salerno, sez. II, 11.4.2011, n. 660; si noti che gli elementi di cui sopra sono i medesimi che il Consiglio di Stato, adito in sede di appello cautelare nella presente fattispecie, ha ritenuto di accertare tramite verificazione).
Ciò premesso, l’inserimento di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o soggette ad uso pubblico, effettuato dagli stessi Comuni, ha un valore meramente ricognitivo e non costitutivo, potendo così dare luogo – tutt’al più – ad una mera presunzione, superabile mediante prova contraria (cfr., fra le più recenti, TAR Lazio, Latina, 13.5.2011, n. 410; TAR Campania, Salerno, sez. II, 11.4.2011, n. 660, oltre a Consiglio di Stato, sez. IV, 24.3.2009, n. 1769 e sez. V, 24.5.2007, n. 2621).
La deliberazione del Consiglio Comunale di Limbiate n. 67 del 30.11.2010, adottata fra l’altro in pendenza dell’appello contro l’ordinanza di accoglimento della sospensiva della scrivente Sezione ed in particolare il giorno successivo al deposito della relazione del verificatore (29.11.2010, cfr. doc. 33 dei ricorrenti), dispone l’aggiornamento dell’elenco delle strade comunali pubbliche o di uso pubblico, inserendovi anche la strada di cui è causa (via della "Stradella").
Tale inserimento, osserva il Collegio, è stato effettuato, peraltro, non solo in corso di causa ma anche senza una particolare istruttoria, visto che nelle premesse della delibera consiliare si dà semplicemente atto della necessità dell’aggiornamento, rinviando a non meglio specificate "verifiche" che sarebbero state eseguite, senza però alcun cenno al contenzioso esistente con gli esponenti.
Di conseguenza, visto il carattere di mera presunzione derivante dall’inserimento della strada di cui è causa nell’elenco delle pubbliche vie, l’omessa impugnazione della deliberazione consiliare davanti al giudice amministrativo non determina l’improcedibilità del ricorso, permanendo invece l’interesse dei ricorrenti ad una pronuncia di merito; pronuncia che è volta all’annullamento del provvedimento di rimozione/demolizione dei cancelli non solo per la questione attinente il carattere pubblico o privato della strada, ma anche per questioni riguardanti il corretto esercizio del potere di autotutela (ex art. 21 nonies della legge 241/1990), nei confronti del titolo formatosi su una DIA presentata dai ricorrenti oltre nove anni prima dell’ordinanza ivi gravata.
Si aggiunga ancora, da ultimo, che sussistono dubbi sulla giurisdizione del giudice amministrativo in caso di un’azione volta a negare radicalmente il carattere pubblico di una strada, dopo l’inserimento della stessa nell’elenco comunale ad opera di una deliberazione consiliare, in quanto si tratterebbe di una contestazione sull’inesistenza del diritto di proprietà o di servitù a favore del Comune, riconducibile all’azione negatoria di cui all’art. 949 del codice civile (cfr., per la giurisdizione del giudice ordinario in analoga fattispecie, Cassazione Civile, Sezioni Unite, 27.1.2010, n. 1624 e TAR Liguria, sez, II, 27.11.2008, n. 2053).
Visto il rigetto di tutte le eccezioni pregiudiziali, é quindi necessaria la trattazione del merito della presente controversia.
2.1 Nel provvedimento impugnato, viene affermata la natura pubblica e/o di uso pubblico della strada vicinale di cui è causa, circostanza questa che è decisamente negata nel primo mezzo di gravame.
La soluzione del carattere pubblico o privato della strada non può, ad opinione del Collegio, prescindere dalle risultanze alle quali è giunto il verificatore dr. Russo (dipendente del Comune di Milano, delegato dal Direttore Generale del Comune medesimo), appositamente incaricato dal Consiglio di Stato, adito dal Comune di Limbiate in sede di appello cautelare.
Nella relazione finale (cfr. la copia autentica della stessa, doc. 39 dei ricorrenti, oltre al doc. 24 delle intervenienti, vale a dire la relazione completa con gli allegati), il dr. Russo, dopo avere esaminato la situazione catastale, la situazione di fatto anteriore alla collocazione dei cancelli e quella attuale, conclude (punto 3), nel senso che "…non appaiono soddisfatte tutte le condizioni che concorrono a riconoscere l’esistenza di una servitù di uso pubblico sulla strada vicinale…".
La suddetta verificazione risulta svolta nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, con la partecipazione dei consulenti tecnici delle controparti (cfr. il già citato doc. 37 delle intervenienti ed i documenti di cui alle lettere "e" ed "f" del Comune), e le conclusioni cui è giunto il dr. Russo non appaiono né illogiche né immotivate, né sono tali da giustificare eventuali ulteriori supplementi o integrazioni istruttorie.
Sul punto, preme richiamare l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, in forza del quale, con riguardo alla consulenza tecnica d’ufficio (ma le conclusioni possono estendersi anche alla verificazione), il giudice può disattendere la CTU in caso di evidente contraddittorietà della stessa ovvero se in possesso di proprie cognizioni tecniche specifiche, mentre le relazioni dei consulenti tecnici di parte non assurgono al rango di vera e propria prova, rappresentando comunque la posizione di un soggetto avente un interesse proprio nel processo (cfr. Tribunale di Milano, sez. X, 31.12.2005, n. 14015, con la giurisprudenza ivi richiamata).
Non vi sono quindi ragioni per discostarsi dalle conclusioni del verificatore dr. Russo, tenuto anche conto che il provvedimento impugnato appare sfornito di adeguata motivazione in ordine al carattere pubblico della strada vicinale, carattere che è meramente affermato ma in alcun modo provato da parte dell’Amministrazione comunale.
Infatti, il provvedimento richiama dapprima il contenzioso civile pendente fra gli attuali esponenti e la C.D.C. Srl, con particolare riguardo all’ordinanza del Giudice del Tribunale Ordinario di Milano, dr.ssa Padova, depositata il 23.6.2009, con la quale è stata accolta l’azione a tutela del possesso promossa dai signori Francesco ed A.V. contro la suindicata società, che aveva rimosso il cancello posto a protezione della strada vicinale di cui è causa, oltre ad avere innalzato la quota della strada stessa (cfr. doc. 8 dei ricorrenti).
L’ordinanza del giudice ordinario di Milano, pertanto, vale non già a smentire ma semmai a rafforzare la pretesa degli esponenti a che non vengano rimossi i cancelli collocati in base alla DIA del 14.7.2000, già sopra richiamata.
Successivamente, il provvedimento ivi impugnato si limita a richiamare alcuni articoli del Codice della Strada e del relativo Regolamento, per asserire il carattere pubblico della via, senza però addurre sul punto alcun concreto elemento di fatto.
Viene altresì richiamata la nota del 26.10.2009 del Consorzio (cfr. doc. 4 dello stesso), nella quale quest’ultimo lamenta che la posa di uno dei cancelli impedirebbe l’accesso ad un tratto del canale diramatore 18 Valle Seveso.
Tuttavia tale nota, ammesso che rappresenti fatti veritieri, non è da sola sufficiente a giustificare un provvedimento comunale di apertura al pubblico transito della strada vicinale, ben potendo le esigenze del Consorzio essere soddisfatte con altre modalità rispettose del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa e volte a meglio contemperare il diritto di proprietà degli esponenti con le esigenze dei tecnici del Consorzio di accedere al canale diramatore (si pensi, ad esempio, in caso di eventuale opposizione dei ricorrenti a tale accesso, alla costituzione di una servitù a favore del solo Consorzio, che è soluzione ben diversa dalla indiscriminata apertura al pubblico transito della strada vicinale).
A diversa conclusione non induce, peraltro, la lettura dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 5681/2010, di accoglimento dell’appello cautelare del Comune.
In tale ordinanza, di natura cautelare e quindi necessariamente caratterizzata dalla sommarietà della cognizione del giudice, é stato, infatti, ritenuto prevalente, evidentemente ai soli fini della sospensiva, l’interesse pubblico a consentire l’accesso, rispetto a quello dei privati proprietari.
Si tratta, a ben vedere, di una valutazione di comparazione di interessi, caratteristica della fase cautelare, che non implica alcuna smentita dell’esito della verificazione, tanto è vero che l’ordinanza del giudice d’appello reca l’espressa affermazione "..in disparte il profilo relativo alla natura della strada in contestazione…", a dimostrazione che la decisione cautelare è stata assunta prescidendo, seppure per il tempo necessario alla decisione di merito, dal problema della natura pubblica o privata della strada vicinale.
Nè inducono il Collegio ad una differente conclusione le pur articolate argomentazioni difensive delle società intervenienti.
Infatti, le autorizzazioni allo svolgimento di attività di cava a favore di una delle società di cui sopra (C.D.C. Srl), hanno esclusivamente ad oggetto la coltivazione dell’area di cava e non i problemi di viabilità esterna, che sono del resto di competenza di altri soggetti (cfr. doc. 36R degli esponenti, versato in atti il 4.11.2011, vale a dire la dichiarazione sul punto del Settore Ambiente della Provincia di Monza Brianza).
Del resto, l’autorizzazione alla coltivazione della cava n. 462/2007, rilasciata dall’allora Provincia di Milano (cfr. doc. 1 delle intervenienti), nulla dispone sulla natura della strada vicinale di cui è causa, né autorizza la società al transito sulla medesima.
Anche la convenzione del 18.5.2006 fra la C.D.C. Srl e l’Amministrazione di Limbiate (cfr. doc. 6 delle intervenienti), nulla di specifico contiene sul punto.
Da ultimo, occorre evidenziare altresì che con nota del 7.11.2007, la C.D.C. Srl presentava alla Provincia di Milano un progetto, relativo alla viabilità del proprio ambito di estrazione, dal quale risulterebbe che l’area è raggiungibile anche dal Comune di Senago, il che smentisce l’asserzione circa il carattere esclusivo dell’accesso lungo la via della "Stradella" (cfr. doc. 36S degli esponenti).
Ciò premesso, è erronea, anche sotto tale profilo ritenuto probante, l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato circa il carattere di uso pubblico della strada vicinale di cui è causa.
2.2 Il provvedimento impugnato appare però viziato non solo da evidente difetto di istruttoria e di motivazione sulla questione della natura della strada, ma anche dalla violazione delle norme riguardanti l’autotutela amministrativa (artt. 21quinquies e 21nonies della legge 241/1990, articoli entrambi richiamati dall’art. 19 di quest’ultima, sia nel precedente testo relativo alla DIA sia in quello attuale relativo alla SCIA, segnalazione certificata di inizio attività).
L’ordinanza comunale gravata, infatti, dispone (così testualmente) la "revoca" della DIA n. 232/2000 (anche se, più correttamente, si sarebbe dovuto parlare di "annullamento d’ufficio"), presentata dagli attuali esponenti al Comune di Limbiate per la posa dei cancelli carrai sulla strada vicinale di cui è causa (cfr. doc. 2 dei ricorrenti, copia della DIA).
In realtà, com’è noto, l’autotutela avente per oggetto la DIA – o meglio il titolo formatosi a seguito della sua presentazione – deve rispettare i requisiti previsti dalle norme di legge succitate e quindi si impone, a carico del Comune, l’obbligo di indicare lo specifico interesse pubblico, diverso da quello al mero ripristino della legalità, posto a fondamento dell’autotutela, oltre alla considerazione sia degli interessi dei privati coinvolti, sia del tempo trascorso dalla presentazione della DIA (luglio 2000) a quello di adozione del provvedimento, nel caso di specie oltre nove anni (cfr. sul punto, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 1.3.2011, n. 596; TAR Marche, 8.11.2010, n. 3373; TAR Toscana, sez. II, 24.8.2010, n. 4882).
Nel caso di specie, l’Amministrazione, come già sopra ricordato, è incorsa in un palese difetto di istruttoria, sia reputando erroneamente la strada aperta al pubblico sia sostenendo, in apparente motivazione della revoca della DIA, che non vi sarebbe più ragione di posizionamento del cancello, in quanto non si sarebbero verificati casi di abbandono di rifiuti sulla strada vicinale (cfr. doc. 14 dei ricorrenti, pag. 2, penultimo "Considerato").
Tale affermazione, tuttavia, oltre ad apparire apodittica, è smentita dalla documentazione fotografica versata in giudizio dai ricorrenti (docc. 19, 20 e 21), a dimostrazione del persistente abbandono incontrollato di rifiuti anche in tempi recenti.
Anche sotto tale profilo, pertanto, il gravame merita accoglimento.
Per l’effetto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, mentre devono respingersi le domande formulate con l’atto di intervento ad opponendum.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Respinge l’atto di intervento.
Condanna il Comune di Limbiate al pagamento delle spese di causa, che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA); condanna le società intervenienti al pagamento, in solido fra loro, delle spese di causa, che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA); condanna il Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi al pagamento delle spese di causa, che liquida in euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA).
Condanna le parti resistenti ed intervenienti, in solido fra loro, al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.