Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Teramo – sezione distaccata di … – con sentenza del 23 febbraio 2005 non convalidava lo sfratto intimato dalla soc. I. di Alfa & c s.a.s., quale proprietaria piena a seguito di consolidamento dell’usufrutto per morte dell’usufruttuario nei confronti di Tizio, locatario, ritenendo applicabile al rapporto locatizio non già la norma di cui all’art.999 comma 1 c.c., bensì la disciplina speciale di cui all’art.27 della legge n.392/78.
Su gravame della intimante la Corte di appello de L’Aquila il 3 novembre 2006 riformava integralmente la sentenza di prime cure.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il D.M., affidandosi a tre motivi.
Nessuna attività difensiva risulta espletata dalla società.
Motivi della decisione
1. – In punto di fatto, il contratto di locazione fu stipulato dall’usufruttuario – F.T. – e registrato in data 21 gennaio 1998 per la durata di 12 anni.
Il locatore decedette il 29 settembre 1998, con la conseguenza che il nudo proprietario – la I. sas – ebbe a consolidare a suo favore la proprietà piena.
Il punto centrale del ricorso, peraltro già dibattuto in appello, è se l’art.999 comma 1 c.c. deroghi o meno alla disciplina di cui all’art.27 della legge n.392/78. Il problema è stato risolto dal giudice dell’appello nel senso dell’applicabilità della disciplina codicistica, atteso il bilanciamento dei contrapposti interessi tra il conduttore e il proprietario a seguito dell’avvenuta consolidazione.
Al riguardo, il Collegio osserva quanto segue.
2. – È principio consolidato quello secondo il quale il nudo proprietario si trova in posizione di terzietà rispetto ai contratti conclusi dall’usufruttuario avente ad oggetto il bene concesso in usufrutto.
Ai sensi dell’art.999 comma 1 c.c. il contratto di locazione stipulato dall’usufruttuario è opponibile allo stesso proprietario solo se risulti da scrittura avente data certa anteriore, come nel caso in esame (Cass. n. 1643/99), anche nella ipotesi di estinzione dell’usufrutto per consolidazione (Cass. n.1165/75).
Tuttavia, stante il carattere dispositivo della norma, in quanto rivolta a dirimere interessi privati (Cass. n. 1263/72) e non essendovi stata alcuna adesione da parte del nudo proprietario alla durata del contratto, così come convenuta con l’usufruttuario, – come accertato dalla sentenza impugnata – il contratto è stato correttamente dichiarato risolto alla scadenza del 29 settembre 2003. Ne consegue che il primo motivo del ricorso (in estrema sintesi violazione e falsa applicazione dell’art.999 c.c. in relazione agli artt. 27, 79, 84 della legge n.392/78 ex art.360 n.3 c.p.c.) non appare meritevole di accoglimento. Infatti, la norma codicistica, che si applica anche alle locazioni concluse dall’enfiteuta (v. art. 976 c.c.) in ipotesi di consolidazione dell’usufrutto, prescrive che comunque il contratto debba avere una durata non oltre il quinquennio dall’estinzione e ciò significa che si privilegia il nudo proprietario al fine di fargli godere pienamente il bene, ma si tengono presenti anche le ragioni del conduttore, che all’epoca della stipula e, a meno che il locatore non gli abbia nascosto la sua qualità, contravvenendo al principio immanente in materia contrattuale della correttezza, sa bene che la locazione è stata stipulata non già con il proprietario, ma con l’usufruttuario.
Il raffronto con la disciplina di cui alla legge n.392/78 comporta la prevalenza della norma codicistica in quanto, come in questo caso, l’estinzione è avvenuta per fatto naturale e non convenzionale e accettando di concludere il contratto con l’usufruttuario di età avanzata, di cui era a conoscenza, perché il contratto fu stipulato per iscritto e fu registrato, il locatario accettò il rischio di una anticipata estinzione dell’usufrutto e, quindi, di una anticipata restituzione dell’immobile rispetto a quanto pattuito.
Di vero, in linea di principio, va affermato che a fronte del diritto reale limitato, che limita il diritto assoluto del proprietario, qualora non vi siano motivi di sociale solidarietà, come per le locazioni abitative ristrette al nucleo familiare, l’ordinamento non può non privilegiare il carattere assoluto di quel diritto, cui viene a riconoscere, tramite il tetto dei cinque anni dalla estinzione, la sua funzione sociale, ovvero quella di consentire al conduttore la possibilità di reperire altro immobile per l’esercizio della sua attività.
3. – Con il secondo motivo (formulato sotto il profilo di omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, segnatamente art.28 legge n.392/8 ex art.360 n.5 c.p.c.), in sintesi il ricorrente lamenta che il giudice dell’appello non avrebbe tento conto che il locatore non aveva inoltrato la disdetta entro il termine di 12 mesi prima della scadenza del contratto come prevista dall’art.28 e, quindi, non avrebbe dichiarato tacitamente rinnovato il contratto di altri sei anni, con scadenza al 1 febbraio 2010.
Di vero, questa censura sarebbe da esaminare se si ritenesse applicabile la disciplina di cui alla legge n.392/78, ma, una volta esclusane la applicabilità, esso non può essere preso in considerazione.
Peraltro, il giudice del merito ha indicato nella lettera del 1 dicembre 1999 la lettera con la quale il locatore-proprietario indicava la scadenza del contratto al 21 gennaio 2004 per mero errore materiale, mentre ex art.999 c.c. esso scadeva il 29 settembre 2003, ulteriormente precisandosi che circa il fatto che il giudice del merito abbia qualificato mero errore materiale la data del 21 gennaio 2004 nessun rilievo si rinviene nella censura da parte del ricorrente.
4. – Il terzo motivo, oltre a difettare del necessario momento di sintesi, è assolutamente infondato.
Con esso il ricorrente, in estrema intesi, lamenta che il T. – usufruttuario e locatore – non avrebbe speso la sua qualità di usufruttuario, per cui l’intervenuto consolidamento dell’usufrutto non poteva essere opposto a lui conduttore.
Si sarebbe verificato un vizio del consenso nella conclusione del contratto, consistente in un errore essenziale sulla qualità di uno dei contraenti.
A questa doglianza ha già risposto il giudice dell’appello, allorché ha posto in rilievo che essa desta "perplessità" – così si legge in sentenza, in considerazione dell’età avanzata del T. al momento della stipula del contratto.
Di questo errore essenziale il ricorrente nemmeno in questa sede allega di aver fornito la prova positiva, che gli incombeva, limitandosi soltanto a meramente enunciare di essersi sobbarcato ad oneri economici per dotare l’immobile di tutte le attrezzature necessarie alla destinazione di esso a sala cinematografica.
In altri termini, egli avrebbe dovuto provare che il T. gli aveva nascosta la qualità di usufruttuario, risultante dall’atto pubblico del 17 gennaio 1996, con il quale la I. acquistava la nuda proprietà dal T. (v. parte narrativa del ricorso a p.2) e di questa prova non vi è traccia né nella sentenza né nel ricorso.
Conclusivamente il ricorso va respinto, ma nulla va disposto per le spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla dispone per le spese.
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