Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Gorizia, in composizione monocratica, con sentenza del 20 luglio 2010, in riforma della pronuncia n. 150 del 2005 emessa dal Giudice di pace della medesima città, rigettava la domanda di risarcimento danni conseguente a sinistro stradale avanzata da M.M. nei confronti della società cattolica di assicurazione, nonchè di P. e F.G..
Osservava il giudice di secondo grado che la sentenza di primo grado era da riformare in quanto fondata sull’erronea valutazione tanto della dichiarazione confessoria resa dal solo convenuto F. P. quanto della consulenza tecnica svolta davanti al Giudice di pace. Secondo quanto stabilito dalla sentenza 5 maggio 2006, n. 10311, delle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (c.d. CID) resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del confitente, dovendo essere liberamente valutata dal giudice ai sensi dell’art. 2733 c.c., comma 3. Tale principio – che, a detta del Tribunale, doveva considerarsi valevole anche nel caso di confessione resa a seguito di interrogatorio formale, come verificatosi nella specie – imponeva di trovare un adeguato riscontro alla confessione resa da F.P.; riscontro che, invece, non sussisteva, poichè la c.t.u. svolta in primo grado, "in ragione dell’esiguità della documentazione fotografica", era nel senso di ritenere incompatibile il sinistro con il genere di danni riscontrati sulla moto condotta dal M..
Avverso la sentenza del Tribunale propone ricorso M.M., con atto affidato a quattro motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2733 e 2054 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).
Osserva in proposito il ricorrente che il convenuto F.P. ha ammesso la propria esclusiva responsabilità nel tamponamento della moto del M. sia in sede di denuncia amichevole del sinistro, avvenuta nell’immediatezza, sia in sede di interrogatorio formale davanti al Giudice di pace di Gorizia. Il Giudice di appello avrebbe perciò fatto un’erronea applicazione del principio di cui alla menzionata sentenza n. 10311 del 2006, poichè quella pronuncia ha espressamente riconosciuto che le affermazioni ivi contenute sono estranee rispetto al caso della confessione resa dal conducente del veicolo che non sia anche proprietario del mezzo. Nel caso in esame, essendo F.P. solo conducente del veicolo con targa prova di proprietà di un terzo e assicurato da F.G., dovrebbe applicarsi la diversa regola di cui alla sentenza 7 maggio 2007, n. 10304, di questa Corte, secondo cui tra conducente non proprietario e assicuratore c’è litisconsorzio facoltativo; pertanto le dichiarazioni confessorie rese dal conducente non proprietario devono fare piena prova contro chi le compie, mentre vanno liberamente apprezzate nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del veicolo.
1.2. Il motivo è fondato.
Come correttamente rilevato, infatti, il principio di diritto enunciato dalla sentenza n. 10311 del 2006 delle Sezioni Unite di questa Corte non si adatta al caso di specie, nel quale la confessione è stata resa, prima in sede di denuncia amichevole di sinistro e poi in sede di interrogatorio formale, dal conducente non proprietario del mezzo investitore. In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile autoveicoli, nel giudizio promosso dal danneggiato contro l’assicuratore sussiste litisconsorzio necessario soltanto nei confronti del proprietario del veicolo assicurato e non anche del conducente (sentenza 8 febbraio 2006, n. 2665). Ne consegue che la confessione resa dal conducente non proprietario, mentre è oggetto di libera valutazione nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del mezzo, fa viceversa piena prova nei confronti del confidente medesimo, ai sensi degli artt. 2733, 2734 e 2735 cod. civ., trattandosi di un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo (sentenza 7 maggio 2007, n. 10304, e ordinanza 15 dicembre 2011, n. 27024).
Il giudice di appello non si è attenuto a tale principio, avendo erroneamente ritenuto che la confessione del conducente non proprietario dovesse essere liberamente valutata dal giudice ai sensi dell’art. 2733 c.c., comma 3.
Va dunque chiarito che, nel caso specifico, la confessione resa dal convenuto F.P. – conducente non proprietario del mezzo investitore – tanto nella redazione del modulo di contestazione amichevole del sinistro quanto, soprattutto, in sede di interrogatorio formale, fa piena prova contro di lui, senza alcuna possibilità di libera valutazione da parte del giudice e senza necessità di essere supportata, ai fini della condanna, da ulteriori elementi probatori.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo dell’esclusiva responsabilità di F.P. nella determinazione del sinistro.
Oltre alla confessione resa dal convenuto, infatti, nel giudizio di primo grado sono stati assunti quattro testimoni, dalle cui deposizioni si ricavano elementi indiziari di supporto alla confessione; elementi che il Tribunale ha omesso di valutare nella loro globalità.
2.2. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).
Osserva in proposito il ricorrente che il c.t.u. incaricato nel giudizio di primo grado ha, da un lato, riconosciuto che i danni subiti dalla moto del M. erano compatibili con un tamponamento, ma, dall’altro, ha detto che le altezze relative tra i mezzi coinvolti e le deformazioni rilevate non erano tra loro compatibili. In realtà – osserva il ricorrente – il c.t.u. è stato incaricato ad oltre due anni di distanza dal sinistro e non ha effettuato alcun controllo sui mezzi incidentati, limitandosi a prendere visione della CID e delle fotografie (peraltro scattate da persona di fiducia della compagnia di assicurazione). Ne consegue che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere di non poter dare affidamento alla prima parte della relazione del c.t.u., sicchè la motivazione ne risulterebbe apodittica.
2.3. Anche questi motivi sono fondati.
La sentenza d’appello, infatti, non ha in alcun modo valutato le prove testimoniali assunte, rendendo in tal modo palese il censurato vizio di motivazione.
Quanto alla valutazione della c.t.u., la pronuncia non ha dato conto in maniera adeguata delle ragioni per le quali i danni riscontrati sui mezzi coinvolti non potessero essere compatibili con le (probabili) modalità dell’urto: non è sufficiente, a questo proposito, l’affermazione secondo cui il poco "che il c.t.u. ha potuto accertare, in ragione dell’esiguità della documentazione fotografica, depone nel senso di ritenere incompatibili il sinistro con i danni"; così come non può essere sufficiente l’affermazione per cui "il fatto che sia stata portata all’esame del giudicante la sola documentazione fotografica è altro elemento che porta al rigetto della domanda attorea".
3. Con il quarto motivo di ricorso, infine, si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), sostenendosi che il giudice di appello avrebbe erroneamente valutato le prove con i criteri del processo penale anzichè con quelli del processo civile.
Questo motivo non è fondato. La sentenza impugnata ha seguito un criterio di valutazione del materiale probatorio che, pur essendo censurabile in relazione ai motivi di ricorso reputati fondati, non è basato sulle regole del processo penale (colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio), bensì su quelle proprie del processo civile, sia pure applicate in modo non corretto.
4. In accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, quindi, la sentenza impugnata è cassata per quanto di ragione. Il giudizio va rinviato al medesimo Tribunale di Gorizia, in persona di un diverso magistrato, che si atterrà al principio di diritto sopra riportato e che provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, rigetta il quarto, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Gorizia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012
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