Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Brescia rigettava la domanda che L.M. aveva proposto contro la ditta Mognetti Autotrasporti, di cui era stato dipendente dal marzo 2001 con le mansioni di autista, diretta oltre che alla dichiarazione dell’illegittimità del licenziamento intimatogli per giusta causa, alla condanna della datrice di lavoro al pagamento di differenze di retribuzione, lavoro straordinario e indennità di trasferta per l’importo complessivo di Euro 36.906,33.
Il Tribunale rigettava le domande con sentenza che era appellata in via principale dal L. e in via incidentale, solo a contestazione della compensazione delle spese del giudizio, da parte della s.a.s. Autotrasporti Mognetti Pietro e Figli, nella quale era stata conferita la ditta individuale.
La Corte d’appello di Brescia rigettava entrambi gli appelli.
In particolare, la Corte, riguardo al licenziamento, ricordava che, a seguito dell’assenza del lavoratore – non contestata dal medesimo – protrattasi ininterrottamente dal giorno 27,9.2004, il 5.10.2004 il M. aveva mosso la contestazione di assenza ingiustificata con lettera ricevuta dal lavoratore il successivo giorno 7.10.2004 e, dopo il decorso del termine a difesa di cinque giorni, in assenza di giustificazioni, aveva intimato il licenziamento con raccomandata del 19.10.2004, ricevuta il successivo giorno 23. La dedotta giusta causa, secondo la Corte d’appello era rimasta confermata, stante l’interruzione della prestazione, non ripresa neanche dopo la contestazione disciplinare, per oltre 10 giorni, interruzione rispetto a cui era rimasta sfornita di prova la tesi secondo cui la medesima era stata chiesta dallo stesso datore di lavoro, in conseguenza di un calo delle commesse.
Riguardo alla domanda di retribuzione dello straordinario, la Corte osservava che, a fronte del conteggio prodotto con il ricorso, il M. aveva contestato i fatti, producendo spontaneamente la copia dei dischi cronotachigrafi dell’anno 2004 – gli unici che il datore di lavoro aveva ancora l’obbligo di conservare – e delle buste paga, asserendo che vi era corrispondenza tra i due dati. Riguardo a tale dato di fatto il L. non aveva mai preso posizione nè mai aveva contestato la correttezza dei dati, limitandosi a chiedere nuovamente con l’appello di disporre la produzione anche dei dischi cronotachigrafi del periodo precedente. Secondo la corretta dialettica processuale il lavoratore avrebbe dovuto contestare la corrispondenza tra i dati risultanti dai dischi prodotti e le ore riportate nelle buste paga e invece nulla al riguardo era stato dedotto sia in primo grado che in appello.
Osservava poi che solo uno dei testimoni sentiti aveva confermato la tesi del ricorrente circa la durata di 15 ore complessive dell’orario necessario per completare uno dei giri descritti. In particolare un altro teste aveva precisato che l’itinerario di cui al capitolo di prova era costituito da due giri distinti, comprendenti soste e riposti dell’autista. Il primo dei giri prevedeva il carico tra le 19 e le 20 del lunedì e si concludeva il martedì mattina alle 9.00, al massimo le 10.00. L’altro giro iniziava alle 19 del mercoledì e si concludeva il giovedì mattina alle 9.30 circa. C’erano le consegne presso i magazzini dei clienti con le pause dovute allo scarico della merce (un’ora circa). Gli altri viaggi di cui ai capitoli non si sommavano ma erano alternativi. Non si lavorava di sabato, domenica e nei giorni festivi.
Infine la Corte di merito rilevava che si era in presenza di lavoro discontinuo, escludente la configurabilità di lavoro straordinario, in difetto di prova di una di quelle situazioni comportanti secondo la giurisprudenza la configurabilità di lavoro straordinario da compensare anche nei lavori astrattamente discontinui o di attesa.
M.L. ricorre per cassazione. La s.a s. Autotrasporti Mognetti Pietro e Figli resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge. Si censura il riferimento alla figura del lavoro discontinuo, osservandosi che l’attività di trasporto eseguita nella specie è di un tipo non esistente all’epoca del R.D. 15 marzo 1923 n. 2657 indicante le occupazioni richiedenti un lavoro discontinuo, dato che allora non esistevano i supermercati, i centri commerciali, le grandi reti di distribuzione, e i mezzi di trasporto avevano un’autonomia di marcia limitatissima e non si ricorreva a mezzi meccanici per il carico e scarico delle merci. Il trasporto attuale via terra, in realtà, non coinvolge per lo scarico l’autista, nel senso che il rimorchio e il cd. bilico vengono sganciati e dopo l’eventuale aggancio di un altro rimorchio o bilico, già pronto, l’autista riparte (immediatamente). Si deduce che percorsi di 700 chilometri, come quelli in questione, non si eseguono in otto ore, come confermato dalla stessa deposizione richiamata in sentenza.
Nella specie si passavano 13 ore al giorno alla guida, per 390 ore al mese.
Il secondo motivo denuncia contraddittorietà e insufficienza di motivazione.
Si pongono in contrapposizione, da un lato, l’affermazione sulla mancata contestazione del L. in materia di corrispondenza tra dischi e buste paga e, dall’altro, la puntualizzazione, circa lo svolgimento del processo, che il L. con l’appello aveva sostenuto che i testimoni avevano confermato l’orario di lavoro prestato e aveva chiesto la produzione dei dischi cronotachigrafi.
Ancora, si contrappone l’affermazione circa un’assenza ingiustificata di dieci giorni e quella per cui l’assenza del lavoratore si era protratta dal 27.9.2004 al 5.10.2005, cioè per 8 giorni.
Il terzo motivo denuncia di violazione di norme processuali. Si ricorda che la parte aveva chiesto, sia nel giudizio di 1^ grado che in appello, una c.t.u. sui dischi cronotachigrafi.
Il quarto motivo denuncia inadeguata valutazione delle prove. Si lamenta che sia stata ignorata la richiesta di perizia, pur ricordata nella parte introduttiva del ricorso.
2. Le censure dei quattro motivi concernenti la domanda di pagamento di lavoro straordinario vengono esaminate congiuntamente, stante la loro connessione.
Al riguardo deve rilevarsi che nella sentenza impugnata è contenuto un approfondito esame del risultato della prova testimoniale, non adeguatamente censurato, evidenziante nello svolgimento del lavoro del ricorrente di addetto a un mezzo di trasporto le modalità tipiche dei lavoro discontinui. Risulta quindi giustificata la conclusione che il lavoratore appellante non aveva fornito idonea prova della sussistenza di una delle ipotesi in cui, anche in riferimento a un lavoro normativamente classificato come discontinuo (cioè caratterizzato da attese non lavorate durante le quali il lavoratore può reintegrare con pause di riposo le energie psicofisiche consumate), è formulabile la pretesa del lavoratore alla retribuzione di lavoro straordinario, come quando viene superato un preciso orario di lavoro contrattualmente stabilito, oppure il concreto svolgimento del lavoro comporti una prestazione eccedente ordinario orario massimo legale anche se depurata delle pause lavorative o comunque, oltre che eccedente l’orario massimo legale, anche comportante, per quantità e intensità, il superamento dei limiti della ragionevolezza e pregiudizio all’integrità fisica del lavoratore (cfr. Cass. n. n. 2829/1990, 5828/1995, 13622/2001).
Ne risulta quindi priva di adeguato supporto anche la contestazione contenuta nel primo motivo riguardo all’applicabilità nella specie della disciplina normativa sui lavori cd. discontinui.
E la mancata ammissione di una consulenza tecnica sui dischi cronotachigrafi relativi all’anno 2004 risulta frutto di un non illogico esercizio del potere discrezionale relativo all’ammissione di tale mezzo istruttorio.
3. Nell’esaminare la censura formulata nell’ambito del secondo motivo relativamente al rigetto dell’impugnativa del licenziamento, a proposito della discrepanza tra la durata effettiva dell’assenza ingiustificata dal servizio precedente la contestazione disciplinare e quella indicata dal giudice di appello, deve rilevarsi innanzitutto che un’assenza dal 27.9.2004 al 5.10.2004 è un’assenza di 9 giorni e non di 8 giorni, come sostenuto nel ricorso. Deve quindi osservarsi che il giudice di appello ha tenuto presente anche la prosecuzione dell’assenza ingiustificata successivamente alla contestazione, e che non è presumibile comunque una concreta incidenza sul convincimento del giudice di merito della modesta discrepanza in questione relativamente alla durata di un’assenza ingiustificata comunque cospicua.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio vengono regolate in base al criterio legale della soccombenza (art. 91 c.p.c.).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio, liquidate in Euro quaranta per esborsi ed Euro duemila per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2012
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