Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Ce.Em. con atto di citazione del 10 settembre 1980 conveniva in giudizio davanti al Tribunale dell’Aquila C.A. e C.F. e premesso: a) di avere stipulato con i convenuti un articolato e complesso contratto di permuta con scrittura privata, e, poi, successivamente, un conseguente atto pubblico di compravendita-appalto; b) che i convenuti non avevano dato esecuzione agli impegni assunti, e prendendo pretesto dal fatto che nell’atto pubblico si era omesso (perchè reputato dal notaio superfluo) di ribadire la precedente pattuizione, pretendevano di regolare e definire i rapporti unicamente sulla base dell’atto pubblico di compravendita-appalto, per cui: 1) avevano omesso di consegnargli, nei termini convenuti, i garages, in quanto all’epoca non ultimati, 2) avevano omesso di consegnargli quanto necessario per completare, ad integrazione dei tre appartamenti datigli, la spettantegli quota del 20%; 3) avevano arbitrariamente modificato, restringendoli sensibilmente rispetto al progetto, gli accessi alle palazzine, dove sono ubicati i detti appartamenti; 4) avevano realizzato solo in parte la recinzione del complesso immobiliare e delle dette palazzine; 5) avevano omesso di rifinire i garages e di sistemare, internamente l’area edificatoria; 6) avevano collocato tutte le fognature e tubazioni, dando così luogo alla costituzione di indebite servitù, nella porzione di terreno edificabile rimasto di sua proprietà; 7) avevano costruito, al posto di un balcone previsto in progetto, un terrazzo appoggiato alla sua porzione di immobile;
chiedeva: a) la declaratoria di efficacia inter partes del contratto di permuta b) che i convenuti venissero condannati all’eliminazione delle fognature e delle tubazioni poste sul terreno edificabile rimasto di sua proprietà c) nonchè il risarcimento dei danni subiti.
Si costituivano i C. i quali eccepivano che l’atto di permuta costituiva, non un’autonoma pattuizione ma un semplice preliminare dell’atto pubblico le cui obbligazioni erano venute meno con l’atto definitivo. Contestavano, comunque, le inadempienze loro attribuite e in via riconvenzionale opponevano un loro credito di L. 37.738.433 per lavori, innovazioni e trasformazioni richieste dal Ce. e non previsti nei loro accordi.
Il Tribunale dell’Aquila, con sentenza del 2002, accoglieva parzialmente la domanda dell’attore e specificamente la domanda di "negatoria servitutis" e condannava i C. ad eliminare la fognatura realizzata sul terreno contrassegnato nel foglio n. 80 con la particella part. 1839 per quanto posta a servizio del terreno fg.
80 part. 1838.
Avverso tale sentenza proponeva appello Ce.An.Lo. erede di Ce.Em.o deceduto nelle more del giudizio di primo grado.
Anche nel giudizio di appello si costituivano i C. resistendo e proponendo appello incidentale.
La Corte di Appello dell’Aquila, con sentenza n. 700 del 2006 rigettava entrambi gli appelli proposti e compensava le spese giudiziali. A sostegno di questa decisione, la Corte aquilana osservava: a) che da nessuna delle espressioni utilizzata nel contratto di permuta era dato desumere la volontà di un immediato trasferimento del bene, oggetto dello stesso; b) pertanto, a disciplinare i rapporti tra le parti era il successivo contratto definitivo inter partes di compravendita-appalto del 22 aprile 1977.
C) era mancata la prova che i C. avessero eseguito lavori che Ce.Em. avrebbe dovuto pagare e non lo avrebbe fatto.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Ce.An. L. con ricorso affidato a cinque motivi, illustrati con memoria.
C.A. e C.F. regolarmente intimati, in questa fase non hanno svolto alcuna attività processuale.
Motivi della decisione
1.- Ce.An.Lo. lamenta: a) con il primo motivo la violazione degli artt. 1321, 1325, 1326 e ss. cod. civ.; nonchè un vizio di motivazione per insufficienza del ragionamento; omesso esame e pronuncia. Avrebbe errato la Corte aquilana, secondo la ricorrente, nell’aver escluso che il contratto del 20 luglio 1976 non fosse definitivo ponendo riferimento ai soli effetti "reali" dello stesso ed escludendo dalla proprio analisi gli effetti obbligatori come se il contratto che prevede l’assunzione di obbligazioni non fosse o non potesse essere definitivo. La decisione sarebbe illegittima, altresì, secondo la ricorrente, perchè il Giudicante avrebbe omesso di indicare gli elementi da cui avrebbe tratto il convincimento che il contratto in esame costituisse un negozio in formazione suscettibile solo di effetti preliminari, pur in presenza di pattuizioni esplicanti di per sè effetti voluti, anche in mancanza di una futura manifestazione di consenso. La decisione impugnata sarebbe illegittima anche perchè nel caso in esame l’atto pubblico nulla avrebbe innovato del primo atto, avendo dato solo attuazione ad esso, mediante la vendita del terreno e mediante il fittizio appalto, b) con il secondo motivo: la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 (cod. civ.?) ed art. 115 c.p.c.. Avrebbe errato la Corte aquilana, secondo la ricorrente, nell’aver pretermesso l’analisi delle volontà contrattuali perchè – se è vero che il contratto definitivo si distingue dal contratto preliminare perchè il primo è rivolto al riconoscimento di diritti che insorgono contestualmente all’atto, il contratto preliminare, invece, fa dipendere la nascita dei diritti da una successiva espressione di volontà – nel caso in esame, appariva comprovato che, con la scrittura privata del 20 luglio 1976, le parti avevano inteso porre un contratto compiuto e definitivo e i loro rapporti compiutamente e definitivamente regolati dalla scrittura privata, c) con il terzo motivo: il vizio di motivazione ex art. 360, n. 5 per illogicità, contraddittorietà ed incoerenza del ragionamento, nonchè la violazione dell’art. 1322 c.c.. Avrebbe errato la Corte aquilana, secondo la ricorrente, nell’aver ritenuto che a disciplinare i rapporti tra le parti sarebbe il successivo contratto definitivo inter partes di compravendita appalto per notar Trecco del 27 aprile 1977 ritenendo che le parti pur avendo la possibilità di confermare la disciplina del preliminare non hanno inteso farlo dando, pertanto, prova di aver voluto disciplinare diversamente i loro rapporti, perchè il Giudicante avrebbe supposto ma non avrebbe ricercato la confliggenza tra le due pattuizioni. E, tuttavia è una petitio principi ritenere che la prova della volontà di disciplinare diversamente i rapporti sarebbe stata desumibile dalla qualificazione di preliminare del primo atto dato che non è supposta natura di preliminare a far divenire prova il pattuito ma è la prova data delle pattuizioni che fa qualificare preliminare o definitivo l’atto.
Piuttosto, la prova andava desunta dall’esame degli atti e dalle testimonianze. D’altra parte, specifica la ricorrente, la mancata riproduzione nel contratto definitivo di una clausola contenuta nel contratto preliminare non implica di per sè il venir meno dei diritti e degli obblighi nascenti dall’atto preliminare, d) con il quarto motivo: l’omesso esame e pronuncia, violazione dell’art. 1362 c.c., nonchè difetto di motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 1376, 1552, 1555 1556 ss (cod. civ.?) Secondo la ricorrente, il Giudice di merito avrebbe omesso sia di adempiere all’obbligo di esaminare con i ricorsi ai canoni ermeneutici di cui all’art. 1362 cod. civ., quale fosse l’effettivo contenuto del primo e del secondo contratto, sia di verificare il collegamento e di esaminare se le parti nel dare vita a diversi e distinti contratti caratterizzati ciascuno dalla propria causa ed individualità li avevano concepiti e voluti come teologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di dipendenza. La Corte di merito non avrebbe neppure valutato che la normativa riferibile alla permuta consente di ritenere che la permuta possa essere realizzata con contratto preliminare con efficacia obbligatoria, atteso che l’effetto traslativo poteva non essere immediato ma differito e fatto dipendere dall’ulteriore e futuro evento che è l’edificazione delle opere, e) con il quinto motivo: l’omesso esame e pronuncia nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 1537, 1538, 1555 e 2932 (cod. civ.?) carenza assoluta di motivazione. Secondo la ricorrente, la Corte aquilana non avrebbe esaminata la domanda relativa agli effetti obbligatori del primo contratto cioè del contratto di permuta. Per altro, essendo risultato che i C. avevano realizzato unità immobiliari superiori a quelle previste nel progetto, la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere alla CE. il diritto a vedere reso l’immobile conforme al progetto pattuito ovvero il diritto della stessa ad una rettificazione del preliminare.
Avrebbe dovuto esservi declaratoria dell’obbligo di rispetto del termine di consegna di cui all’art. 5 considerato che era stato provato che il complesso era già stato completamente abitato all’epoca della consegna dei garages. Ed ancora avrebbe dovuto esserci pronuncia in ordine al conguaglio in denaro, per la mancata consegna dell’immobile, da conteggiarsi sulla base del prezzo di vendita realizzato in base ai prezzi di mercato della zona, avrebbe dovuto esserci una pronuncia in ordine alle inadempienze del C. correlata alla mancata resa disponibilità dell’immobile, alla mancata attribuzione del diritto di scelta della quota residua, al mancato riconoscimento del diritto di prelazione sulle vendite, alla mancata resa disponibilità delle somme di cui era stata chiesta la condanna, all’intervenuta modifica del progetto pure concordato.
1.1.= Va esaminato, per primo, il quarto motivo, considerato che gli altri appaiono subordinati e/o, comunque, condizionati a questo. Il quarto motivo del ricorso è fondato e va accolto sia pure nei limiti e nei termini di cui si dirà. A ben guardare, il Tribunale prima e la Corte di merito dopo hanno mancato di stabilire quale rapporto intercorresse tra l’atto del 20 ottobre 1976 indicato quale contratto di permuta e il contratto del 22 aprile 1977 indicato quale contratto di compravendita ed appalto e, soprattutto, quale senso e valore potesse avere la clausola contenuta nel primo contratto secondo la quale "resta però ben chiaro e tassativamente convenuto che malgrado le risultanze delle suddette stipulazioni notarili, in realtà, i rapporti giuridici esistenti tra le parti sono e resteranno quelli regolamentati e disciplinati dal presente contratto", considerato che i contratti stipulati successivamente erano stati comunque individuati e indicati nel contratto cc.dd. di permuta e, pertanto, gli stessi erano riconducibili ad un unico progetto negoziale. La Corte avrebbe dovuto – e non sembra lo abbia fatto – accertare se quella clausola integrasse gli estremi di un accordo simulatorio o, invece, una pattuizione che era stata definitivamente modificata dalla successiva stipulazione. E, comunque, la Corte aquilana avrebbe dovuto – e non sembra lo abbia fatto – chiarire se quella clausola restasse estranea al presente giudizio perchè nessuna delle parti aveva fatto richiesta di accertamento di simulazione contrattuale nè formalmente nè sostanzialmente, considerato che le parti, nel corso del giudizio, hanno fatto, ripetutamente, riferimento a quella clausola ed, addirittura, il senso di quella clausola ha costituito oggetto di prova testimoniale.
1.1.a).= Va qui osservato che, indipendentemente dal fatto che acceda ad un contratto o ad un negozio giuridico unilaterale, l’accordo simulatorio deve essere precedente o – al più – concomitante con la conclusione dell’atto cui si riferisce. Va escluso che l’accordo simulatorio possa essere concluso successivamente all’atto simulato, perchè non si incorrerebbe in un’ipotesi di simulazione negoziale ma, piuttosto, di modifica dell’accordo raggiunto. In questi termini appare chiara la ragione per la quale le parti non hanno ritenuto opportuno inserire quella clausola nella contrattazione definitiva e appare del tutto convincente che quella clausola restando nell’atto preliminare di permuta creava un ben preciso collegamento negoziale tra un atto simulato e un atto dissimulato.
1.1.b).= E di più, la Corte di merito ha mancato di accertare – e avrebbe dovuto farlo – se il secondo contratto denominato quale contratto di compravendita ed appalto non fosse un contratto illecito o in frode alla legge, proprio perchè tra il contratto di permuta e il successivo contratto non vi era una continuità di intenti e, neppure il secondo attuava il primo come era nell’intento dichiarato delle parti. Piuttosto, le parti con la stipulazione del 22 aprile 1977 realizzavano una pattuizione diversa e inspiegabilmente sfavorevole al Ce., proprietario del terreno perchè posto il contratto di compravendita restava: a) irrilevante il contratto di appalto b) e non soddisfatto l’altro aspetto del contratto di permuta, cioè la cessione del 20%.
della costruzione che sarebbe stata realizzata, posto che il prezzo della vendita non eguagliava il valore del 20% della cessione.
1.2.= Gli altri motivi rimangono assorbiti dall’accoglimento del quarto.
In definitiva, va accolto il quarto motivo del ricorso, per quanto in motivazione, dichiarati assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte di Appello dell’Aquila in diversa composizione alla quale è rimesso, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., il regolamento delle spese anche per il presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello dell’Aquila in diversa composizione alla quale rimette, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., il regolamento delle spese anche per il presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2012
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