Cass. civ. Sez. II, Sent., 12-07-2012, n. 11847 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ricorso depositato il 4 febbraio 2005 dinanzi al Giudice di pace di Ivrea, F.A. proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione per Euro 1.308,81, oltre alla sanzione accessoria del divieto di emettere assegni bancari per un periodo di due anni, ex art. 5 della legge 15 dicembre 1990, n. 386, emessa il 14 gennaio 2005 dal Prefetto di Torino per la violazione dell’art. 2 della citata legge n. 386, a motivo dell’emissione di assegno di lire 6.633.000 senza provvista, tratto sul conto corrente aperto presso la Banca Sella.

1.1. – L’opponente eccepiva la nullità dell’ordinanza-ingiunzione per mancata previa contestazione dell’illecito ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14, e, comunque, per esser stata effettuata oltre i novanta giorni previsti per legge; eccepiva, altresì, la prescrizione delle comminate sanzioni per esser stato il provvedimento sanzionatorio notificato oltre cinque anni dopo la commissione dell’illecito, avvenuta il 31 dicembre 1999 (allorchè l’assegno veniva posto all’incasso); eccepiva ancora la carenza dell’elemento psicologico, per essere esso opponente soltanto delegato della titolare ( M.S.) del conto corrente;

instava, in subordine, per la riduzione della sanzione irrogata.

1.2. – Nell’instauratosi contraddittorio tra le parti, il Giudice di pace di Ivrea, con sentenza resa pubblica il 31 ottobre 2005, accoglieva parzialmente l’opposizione dichiarando estinta, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14, u.c., l’obbligazione di pagamento di Euro 1038,81; dunque, annullava in parte qua l’ordinanza- ingiunzione, mentre la confermava quanto alla sanzione accessoria.

Il giudice adito riteneva fondato unicamente il motivo di opposizione relativo alla tardività della notificazione dell’atto di contestazione dell’illecito, effettuata oltre i novanta giorni prescritti dal combinato disposto della L. 15 dicembre 1990, n. 386, art. 8 bis, commi 3 e 6, e L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14;

tuttavia, circoscriveva l’accoglimento soltanto alla sanzione pecuniaria (con assorbimento quindi della domanda subordinata di riduzione della sanzione stessa), escludendo che potesse reputarsi estinta anche la sanzione accessoria comminata con la stessa ordinanza – ingiunzione ai sensi della L. n. 386 del 1990, art. 5.

2. – Per la cassazione della anzidetta sentenza ricorre F. A., affidando le sorti della proposta impugnazione a tre distinti motivi di censura.

Il Prefetto di Torino, ritualmente intimato, non ha svolto difese.
Motivi della decisione

1. – Con il primo mezzo è denunciata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al L. n. 386 del 1990, art. 8 bis, e alla L. n. 689 del 1981, art. 14.

Ci si duole che il giudice di pace adito abbia ritenuto validamente notificato il verbale di contestazione dell’illecito ad esso ricorrente benchè la notifica sia avvenuta in Ivrea – presso il domicilio eletto dalla moglie titolare del conto corrente bancario, M.S. – e non presso la residenza di esso ricorrente di (OMISSIS). Con ciò violando la L. n. 689 del 1981, art. 14, richiamato dalla L. n. 386 del 1990, art. 8 bis, che, a sua volta, rinvia implicitamente all’art. 137 c.p.c. e ss..

Peraltro, il F. soggiunge che l’elezione di domicilio da parte della correntista ha effetto soltanto ai fini del preavviso di revoca del conto (L. n. 386), ma non già per il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative. Sicchè, il verbale notificato a persona di famiglia (la M.) può avvenire, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., (non derogato dalla normativa sulla notificazione a mezzo del servizio postale), soltanto se il destinatario non è rinvenuto nel comune di residenza, non sussistendo, nella specie, prova della dimora o del domicilio di esso ricorrente in Ivrea, nè essendovi impossibilità della Prefettura di Torino di conoscere la sua residenza ben potendo attingere tale informazione dalla banca trattaria.

2. – Con il secondo mezzo è dedotto vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il giudice di pace avrebbe erroneamente dedotto la prova del domicilio idoneo ai fini della notificazione ad esso ricorrente "dalle sole dichiarazioni testimoniali della moglie sig.ra M. S.", così facendo prevalere elementi presuntivi sulla presunzione di corrispondenza delle risultanze anagrafiche alla realtà effettiva riguardo alla residenza di una persona fisica.

3. – Con il terzo mezzo è denunciata la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 689 del 1981, art. 14.

Si imputa alla sentenza impugnata di aver ritenuto estinta per tardiva notificazione del verbale di contestazione dell’illecito la sola obbligazione principale di pagamento della sanzione pecuniaria e non già quella accessoria, che, in quanto strettamente dipendente da quella principale, avrebbe, invece, dovuto cadere anch’essa.

4. – Ritiene il Collegio di dover esaminare preliminarmente il terzo motivo di ricorso, il cui accoglimento assorbe l’esame degli altri due precedenti motivi, anch’essi strumentali, come espressamente puntualizzato dal ricorrente, alla cassazione della sentenza impugnata "limitatamente alla parte in cui viene disposta la conferma della sanzione accessoria".

Il motivo, infatti, è fondato.

La fattispecie oggetto di cognizione è quella della contestazione della violazione di cui alla L. n. 386 del 1990, art. 2, – per emissione di assegno senza provvista – cui è seguita, da parte del prefetto territorialmente competente, l’emissione di ordinanza – ingiunzione di pagamento di sanzione pecuniaria, con contestuale irrogazione della sanzione accessoria del divieto di emettere assegni bancari per un periodo di due anni, ai sensi della stessa L. n. 336, art. 5.

L’adito giudice di pace ha accertato che l’atto di contestazione all’interessato è stato notificato 92 giorni dopo la ricezione da parte del prefetto dell’informativa proveniente dalla Banca d’Italia, cosi da reputare applicabile la L. n. 386 del 1990, art. 8 bis, comma 3, il quale dispone, in riferimento a persona residente nello Stato, che "entro novanta giorni dalla ricezione del rapporto o dell’informativa il prefetto notifica all’interessato gli estremi della violazione a norma della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14".

Da ciò lo stesso giudice ha correttamente ritenuto estinta l’obbligazione di pagamento irrogata come sanzione principale al F., posto che la L. n. 689 del 1981, art. 14, richiamato dal predetto art. 8 bis, prevede, all’ultimo comma, che l’"obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto".

L’impugnata sentenza è, però, errata allorchè ha reputato che non fosse venuta meno anche la sanzione accessoria comminata con la stessa ordinanza-ingiunzione, adducendosi che la L. n. 689 del 1981, art. 14, "non prevede anche l’estinzione della sanzione accessoria", nella specie rilevando quella di cui alla L. n. 386 del 1990, art. 5.

Invero, il citato art. 14, nel disciplinare la fase del procedimento sanzionatorio relativa alla contestazione e notificazione della violazione, ha riguardo alle sanzioni di carattere pecuniario, come si evince chiaramente già dalla sua formulazione, in quanto tale è la tipologia di sanzioni assunta a modello di riferimento dalla legge n. 689, che, nel suo capo I, le configura come sanzioni di carattere principale rispetto a quelle ad esse accessorie, pur contemplate nella stessa legge del 1981 e cosi definite dagli artt. 20 e 21.

In tal senso, la disposizione di cui all’ultimo comma del medesimo art. 14 non fa altro, però, che mettere in evidenza – questa volta in guisa di principio più generale come la mancata o intempestiva notificazione della violazione determini l’estinzione stessa della relativa obbligazione sanzionatoria, che si incentra, in primo luogo, su quella principale (nel sistema della L. n. 689, di norma, a carattere pecuniario).

Il silenzio della legge, nel caso dell’art. 14 (potendo il legislatore disporre diversamente in ipotesi specifiche), sulla sorte delle sanzioni accessorie – in quanto misure che effettivamente si aggiungono, in relazione di secondarietà e complementarità, ad una sanzione principale, condividendone il carattere punitivo (Cass., sez. un., 3 agosto 2000, n. 52 6; Cass., sez. un., 13 febbraio 1999, n. 59) – non sta a significare, dunque, che l’obbligazione sanzionatoria rimane in vita per quest’ultime, giacchè la mancanza di contestazione della violazione, in cui si traduce il vizio di notificazione tempestiva della violazione stessa, cosi come, a monte, estingue, per decadenza, la potestà sanzionatoria dell’amministrazione di irrogare la sanzione principale per tale violazione, precludendo l’accertamento dell’illecito amministrativo e la conseguente adozione della relativa ingiunzione di pagamento, del pari non può non travolgere anche la sanzione che soltanto si aggiunge alla principale.

Del resto, il vincolo di stretta dipendenza tra sanzione principale ed accessoria è confermato anche dalla specifica disciplina che la stessa L. n. 689 del 1981, art. 20, detta in tema di sanzioni amministrative accessorie, le quali non si rendono applicabili in via provvisoria e, dunque, finchè sia pendente il giudizio di impugnazione sulla sanzione principale, salvo che la legge espressamente disponga in modo diverso (come nel caso della confisca obbligatoria di cui al comma 4 dello stesso art. 20).

Nella specie, l’accessorietà delle sanzioni amministrative di cui alla L. n. 386 del 1990, art. 5, a quelle principali pecuniarie stabilite dalla medesima L. n. 386, art. 2, è espressamente predicata dallo stesso legislatore, il quale, inoltre, opera, come visto, un rinvio alla L. n. 689 del 1981, art. 14, ed alle altre disposizioni delle sezioni I e II del capo I di detta L. n. 689, "in quanto compatibili", senza derogare espressamente, quanto al profilo che viene in rilievo in questa sede, alla relativa disciplina.

Giova, pertanto, enunciare il seguente principio di diritto: "Salvo che la legge non disponga diversamente, la mancata o intempestiva notificazione della violazione punita con sanzione amministrativa determina, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14, u.c., l’estinzione della sanzione prevista come principale e con essa, per il vincolo di dipendenza che le lega, la sanzione accessoria relativa; con la conseguenza, nel caso di specie, che – mancando una diversa previsione legislativa – le sanzioni accessorie contemplate dalla L. 15 dicembre 1990, n. 386, art. 5, si estinguono anch’esse per effetto della tardiva notificazione, ai sensi del combinato disposto della citata L. n. 386 del 1990, art. 8 bis, e L. n. 689 del 1981, art. 14, della violazione di cui alla medesima L. n. 286, art. 2, concernente l’emissione di assegni senza provvista".

5. – L’accoglimento del motivo appena scrutinato consente di decidere la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Infatti, alla luce della illustrata soluzione della questione in diritto consegue che, estintasi per mancata tempestiva notificazione della violazione la complessiva pretesa punitiva dell’amministrazione (dunque, comprensiva di sanzione principale – come già statuito nella sentenza impugnata – e di sanzione accessoria), deve essere accolta l’opposizione di F.A. avverso l’ordinanza- ingiunzione illegittimamente emessa, il 14 gennaio 2005, dal Prefetto di Torino anche in relazione alla sanzione accessoria del divieto di emettere assegni bancari per un periodo di due anni, L. 15 dicembre 1990, n. 386, ex art. 5.

6. – Le spese dei due gradi di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione di F.A. avverso l’ordinanza-ingiunzione, emessa il 14 gennaio 2005 dal Prefetto di Torino, anche in relazione alla sanzione accessoria del divieto di emettere assegni bancari per un periodo di due anni, L. 15 dicembre 1990, n. 386, ex art. 5.

Condanna il Prefetto di Torino intimato al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.200,00 – di cui Euro 100,00 per esborsi, Euro 500,00 per diritti ed Euro 600,00 per onorari – per il giudizio di merito e in complessivi Euro 1.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, per il presente giudizio di legittimità, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2012

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