Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-06-2012) 26-07-2012, n. 30690

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.R.D.:

C.R.:

1.1) – Venivano condannati dal Gup di Roma alla pena di anni 6, mesi 8 Euro 3.000 di multa, ciascuno, perchè ritenuti responsabili di concorso nei reati: – di rapina aggravata, – di porto in luogo pubblico di una pistola e di un taglierine -di resistenza a Pubblico Ufficiale e -di lesioni; reati unificati con il vincolo della continuazione ed operata la riduzione di pena per il rito abbreviato;

1.2)- La Corte di appello, in sede di gravame: a) – del PM riguardo all’omessa condanna per il concorrente reato di tentato omicidio e:

b)- degli imputati riguardo al trattamento sanzionatorio, rigettava tutti i motivi di impugnazione e confermava la sentenza di primo grado;

1.3)- Gli imputati ricorrono per cassazione deducendo:

2.0)- MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

2.1 )- I ricorrenti censurano la decisione impugnata:

a)-per l’eccessivo trattamento sanzionatorio;

b)-per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, da riconoscersi con carattere di prevalenza;

c)-per l’eccessivo aumento della pena in ragione della ritenuta continuazione ex art. 81 cpv. c.p.;

d)-per il mancato riconoscimento della diminuente ex artt. 89 e 95 c.p.;

2.2)- L.R. lamenta, in particolare, che la Corte di appello non avrebbe considerato in suo favore: – l’età (anni (OMISSIS)), – la mancanza di carichi pendenti, – la risalenza nel tempo dei precedenti penali, – lo stato di tossicodipendenza, – lo stato di indigenza, – elementi tutti che lo avevano spinto al delitto in oggetto e che, se esaminati, avrebbero dovuto indurre la Corte territoriale ad accogliere i motivi di appello per una pena contenuta nei minimi edittali, tanto più che il L.R. era da tempo impegnato in un trattamento di riabilitazione terapeutica;

2.3 -la sentenza era da censurare per non avere ridotto la pena al L.R. ai sensi degli artt. 89 e 95 c.p. atteso che lo stato di tossicodipendenza si traduceva in una permanente alterazione psichica;

2.4)- C.R. lamenta in particolare che la Corte territoriale abbia omesso di considerare: – il suo stato di incensuratezza, – l’assenza di carichi pendenti, – l’avvenuta resipiscenza con ammissione della sue responsabilità e con presentazione spontanea all’Autorità di PG;

– la sentenza era da censurare per non avere riconosciuto la ricorrenza delle attenuanti generiche, con carattere di prevalenza, onde contenere la pena nei minimi, tanto più che il C. era impegnato in un trattamento terapeutico di recupero dal suo stato di tossicodipendenza;

2.5)-A tale ultimo riguardo il C. propone censura, analoga a quella sopra esposta dal L.R., in ordine alla mancata applicazione della diminuente di cui agli artt. 89 e 95 c.p.;

CHIEDONO l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

3.1)- I motivi relativi al trattamento sanzionatorio avanzati dai ricorrenti sono del tutto infondati.

3.2)-La sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena, richiamando la gravità del fatto e la pericolosità dimostrata degli imputati:

– per il C. – ricavata dalla circostanza che egli, ad onta del suo stato di incensuratezza, aveva esploso plurimi colpi di arma da fuoco all’indirizzo del colonnello A. subito dopo la rapina, al fine di assicurasi l’impunità per il commesso reato;

– per il L.R. – ricavata dalla circostanza della sua attiva partecipazione alla rapina a mano annata;

– per entrambi gli imputati:

a)- ricavata dalla professionalità dimostrata attraverso la accurata pianificazione della rapina con la predisposizione degli strumenti per entrare da un ingresso secondario della banca, nonchè:

b)- ricavata dalla gravità del fatto commesso, atteso che la rapina era sfociata in un vero e proprio "far west" con esplosione di numerosi colpi di arma da fuoco, pur di assicurarsi l’impunità.

3.3)-Si tratta di una motivazione immune da censure atteso che, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, "a fortiori", anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione. (Cassazione penale, sez. 4, 04 luglio 2006, n. 32290.

3.4)-Ugualmente infondati sono poi i restanti motivi, risultando corretta e condivisibile la motivazione impugnata che, al riguardo, ha osservato:

a)-che l’assenza di precedenti condanne ovvero di carichi pendenti non può essere posto, di per sè solo, a fondamento del riconoscimento delle attenuanti generiche, stante la lettera dell’art. 62 bis c.p., u.c.;

b)-che per le attenuanti generiche occorre individuare situazioni che presentino connotazioni tanto rilevanti da esigere una più incisiva e particolare considerazione nella graduazione della pena, situazioni non necessariamente integrate dallo stato di tossicodipendenza degli imputati o dal loro comportamento processuale, essendo negativamente controbilanciate dalla estrema pericolosità dimostrata e dalla gravità della condotta, come sopra indicata.

Si tratta di una motivazione incensurabile nel giudizio di legittimità, in quanto aderente ai principi più volte espressi in questa sede laddove si è affermato:

-che nell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche il giudice non può tenere conto unicamente dell’incensuratezza dell’imputato, ma deve considerare anche gli altri indici desumibili dall’art. 133 c.p.. Cassazione penale, sez. 4, 25 giugno 2008, n. 31440. – che la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche è oggetto di un giudizio di fatto che il giudice deve effettuare apprezzando i parametri indicati nell’art. 133 c.p. e può essere esclusa dal giudice di merito anche solo attraverso il richiamo, tra i suddetti parametri, di quelli ritenuti preponderanti per la propria decisione: la relativa motivazione, purchè congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato, giacchè il giudice non occorre che esamini tutti i parametri indicati dall’art. 133 c.p., essendo sufficiente che specifichi a quale di essi si è riferito. Cassazione penale, sez. 6, 28 maggio 2009, n. 28894.

3.5)- Di nessun pregio sono poi i motivi relativi all’omessa applicazione della diminuente di cui agli artt. 89 e 95 c.p. in quanto del tutto generici, sia perchè privi di ogni argomentazione concreta e, sia perchè trascurano totalmente la motivazione impugnata che, congruamente, ha sottolineato l’assoluta carenza di documentazione medica e clinica indicativa della compromissione negli imputati delle capacità intellettive e della capacità di intendere e di volere.

3.6)- I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziati e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

La presente motivazione è assorbente di ogni altro motivo e deduzione.

3.7)- Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, ciascuno, al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

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