Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Con citazione del 15 marzo 2005 M.R., nella veste di locatrice, intimava a D.V. sfratto per morosità, a partire dal luglio 2004, citandolo dinanzi al Pretore di Napoli, sez. di Marano, per la convalida. L’intimato si costituiva opponendosi alla convalida e deduceva: la inesistenza del rapporto locatizio e della legittimazione attiva; di essere possessore uti dominus avendo ricevuto nel 1982 il possesso del bene dal marito della M.;
disconosceva inoltre il contratto scritto di locazione essendo apocrifa la sua firma. Il Tribunale negava la ordinanza di rilascio e disponeva il mutamento del rito.
2. Il Tribunale, con sentenza dell’11 gennaio 2008 dichiarava risolto il contratto per inadempimento grave; ordinava il rilascio, fissando per la esecuzione la data del 30 aprile 2008; condannava alle spese di lite, ma rigettava la domanda di risarcimento danni proposta dal locatore ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Durante la pendenza della lite la locatrice M. notificava anche lo sfratto per la finita locazione, con contestuale citazione per la convalida dinanzi al medesimo tribunale, prospettando anche ulteriore morosità a partire dal marzo 2005. Si opponeva il conduttore D..
3. Contro la decisione relativa alla convalida per lo sfratto da morosità proponeva appello il conduttore sostenendo che l’originario proprietario era la Parrocchia di Santa Maria delle Grazie di (OMISSIS), per effetto di un lascito da precedente benefattore.
Resisteva la M. e chiedeva il rigetto dello appello.
Nel frattempo era emessa dal Tribunale la sentenza 14 gennaio 2009 n. 20 che dichiarava risolto il contratto per inadempimento. La sentenza era appellata dal conduttore che deduceva il ne bis in idem e la cessata materia del contendere. La locatrice poneva in esecuzione tale seconda sentenza ottenendo il rilascio.
4. I due appelli venivano riuniti e decisi dalla Corte di appello di Napoli con la sentenza del 23 giugno 2010, come da dispositivo letto in udienza.
La Corte ha rigettato gli appelli alle due distinte sentenze rigettando la ulteriore domanda risarcitoria, ed ha condannato l’appellante a rifondere le spese del grado, da attribuirsi al difensore antistatario. Ha inoltre ordinato la cancellazione di espressioni ingiuriose.
5. Contro la decisione ricorre D., impugnando separatamente le sentenze impugnate con vari motivi e quesiti di diritto; resiste la controparte con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
6. Il ricorso ratione temporis non rientra nel regime dei quesiti, restano peraltro fermi i requisiti di contenuto e specificità di cui all’art. 366 c.p.c..
Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai dedotti motivi: per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi espositiva ed a seguire la confutazione in diritto.
6.1. SINTESI DEI MOTIVI. A. "Si deduce la nullità del riunito procedimento GN n. 244 del 2000 nonchè della sentenza conclusiva del 11 gennaio 2008 n. 18 sulla base dei seguenti motivi:
1. Error in iudicando, in procedendo e in motivando, in relazione all’art. legge in generale, artt. 112, 113, 115, 116, 139 e 140 c.p.c., art. 170 c.p.c., comma 2 e art. 183 c.p.c. nonchè del D.Lgs. 3 giugno 2002, n. 196, art. 174 per avere i pregressi giudici di merito non rilevato la nullità e la inefficacia dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, per la convalida dello sfratto per morosità, per la udienza di prima comparizione del 4 giugno 2005. Si assume che la notifica risulta omessa in assenza di destinatario e o persona idonea per legge, con deposito di copia nella casa comunale di Marano. Essendo insanabile la nullità, nessuna possibilità di sanatoria era invocabile da parte dei giudici di appello. Quesito in termini a ff 12, dove si ribadisce che la nullità doveva essere rilevata di ufficio, oltre che per violazione dello art. 112, comma 2.
2. Error in iudicando e in procedendo per errata interpretazione e applicazione degli artt. 112, 113, 244 c.p.c., e dell’art. 414 c.p.c., n. 5, art. 421 c.p.c. nonchè degli artt. 2721 e 2735 c.c. e vizio della motivazione su punto decisivo in ordine alla eccepita nullità della intera fase istruttoria di primo grado e quindi della stessa appellata sentenza conclusiva n. 18 del 2008.
NEL CORPO del motivo a ff 15 si assume che la scrittura esibita a riprova del contratto di locazione sarebbe poi stata fatta sparire e che era stata ritualmente disconosciuta ed impugnata per falsità sia materiale ideologica, e che non era stata seguita dalla necessaria istanza di verificazione. Si deduce che le prove testimoniali ammesse unilateralmente dal giudice non erano valida essendo in violazione del contraddittorio e dei diritti della difesa. Quesito a ff. 16.
B. IN SUBORDINE:
Si deduce error in iudicando, in procedendo e vizio della motivazione per errata interpretazione ed applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116, 214, 216 c.p.c. nonchè degli artt.2730 e 2733 c.c. per avere i giudici del merito ritenuto M.R. legittimata attivamente nei confronti del ricorrente, in quanto titolare del rapporto di locazione avendo la disponibilità dello immobile sulla base del contratto scritto, prodotto e quindi sottratto dagli atti processuali, come si denuncia a ff 16 del ricorso. Nel corpo del motivo si assume che la stessa difesa della M., in primo grado, alla udienza del 3o marzo 2007 avrebbe reso "risultanze confessorie giudiziali" in relazione alle vicende relative al fondo di cui era affittuario S.F., coniuge della intimante, e si denuncia la cessione in vendita, nel 1994 al D. per una somma ingente – vedi in dettaglio le circostanze indicate a ff 17 ed il quesito del diritto, che censura la valutazione delle prove da parte dei giudici del merito.
C. IN MERITO AL SECONDO RIUNITO PROCEDIMENTO RG 974 DEL 2009 avente ad oggetto il gravame di appello avverso la sentenza n. 20 del 2009 del tribunale, si denuncia "error in procedendo per la errata interpretazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116 e 39 c.p.c. in relazione alla mancata disamina della eccepita litispendenza e o continenza ai sensi dell’art. 39 citato tra i due procedimenti riuniti in fase di gravame, già pendenti tra le stesse parti dinanzi a giudici diversi.
Della medesima sezione distaccata di Marano. Si assume malamente invocato un arresto di questa Corte del 1985 n. 4608 e si pone un quesito – peraltro non richiesto, a pag 18, seguito da altro a ff 19, del seguente tenore "ribadisca la Corte il principio giuridico di atavica sapienza del ne eat iudex sinef ultra auto contra petita contra petita partiun, nonchè il divieto anche penalmente sanzionato per qualunque giudice di avere un interesse soggettivo e o personale di qualunque genere o natura nel volere proseguire a un RINUNZIATO rapporto giuridico processuale di cognizione o di esecuzione".
Dove la tesi è che doveva essere dichiarata cessata la materia del contendere, senza decidersi nel merito sulle cause riunite.
7. CONFUTAZIONE IN DIRITTO. In ordine ai motivi indicati sotto la lettera A del ricorso.
INAMMISSIBILITA’ del motivo sub A.1. relativo alla sentenza del tribunale n. 28 del 2008, sotto vari profili. IN PRIMIS per la ragione che la Corte di appello, a ff 5 della motivazione assume come res certa che dagli atti risulta che il destinatario ricevette notifica della intimazione di sfratto presso il proprio domicilio ai sensi dello art. 139 c.p.c. e che in ogni caso il convenuto si è costituito nella udienza fissata per la convalida, ed è stato in grado di svolgere compiutamente le proprie difese. Le contrarie asserzioni del ricorrente deducono un sostanziale errore di percezione del contenuto di un atto di notifica che non risulta riprodotto nè depositato unitamente al ricorso, in violazione dello art 368 n. 4 del codice di rito – vedi sul punto Cass. SU 3 novembre 2011 n. 22726.
PERTANTO come errore revocatorio non può essere denunciato come error in procedendo, con ricorso ordinario, mentre come error in iudicando in ordine agli effetti sananti della costituzione, è manifestamente infondato; infine difetta il requisito della decisività e della autosufficienza in quanto il documento in contestazione non risulta riprodotto in esteso nè depositato.
INFONDATEZZA MANIFESTA del motivo sub A.2. in relazione alla eccepita nullità della istruzione e delle prove raccolte in primo grado.
La Corte di appello ha dato atto del disconoscimento della scrittura privata della locazione da parte del convenuto, ma ha ritenuto che la prova del rapporto si desume aliunde in base ad una prova testimoniale ammissibile, in quanto al tempo degli accordi contrattuali, nello agosto del 1999, la forma scritta del contratto non è ad probaionem o ad substantiam. Tale chiara ratio decidendi non risulta in alcun modo invalidata dalla contestazione e dalle argomentazioni svolte nel motivo. La prova orale è valida ed è stata raccolta nel rispetto delle regole processuali ed è stata liberamente valutata.
B. IN SUBORDINE. INFONDATEZZA DEL MOTIVO che denuncia il mancato accoglimento della eccezione di carenza di legittimazione passiva della attrice, sul rilievo che la veste del locatore non coincide necessariamente con la qualità di proprietario, essendo sufficiente che sia stata comprovata, anche con prove orali, la materiale disponibilità dello immobile. PROVATA la morosità il tribunale ha correttamente dichiarato risolto il contratto per grave inadempimento del conduttore. Come risulta dalla chiara ratio decidendi a ff 5 e 6 della motivazione.
Le circostanze dedotte nel corpo del motivo sulla sottrazione di atti processuali e sulla cessione in vendita dei locali, restano estranee al tema del decidere e non risultano documentate e depositate in documenti allegati al ricorso.
C. DEDUZIONI IN MERITO AL SECONDO PROCEDIMENTO RIUNITO RG 974 DEL 2009 ETC. INAMMISSIBLITA’ DEL MOTIVO sotto vari profili. In primis per la non coerenza delle censure formulate in spregio ai principi di autonomia e specificità dei singoli motivi. Si deduce nuovamente che la sentenza riunita ed appellata era stata pronunciata in contrasto con il divieto del ne bis in idem e con il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, per concludere poi con un quesito incomprensibile ed offensivo, che contesta la imparzialità del giudice.
LA CENSURA tuttavia non colpisce la chiara ratio decidendi della sentenza di appello a ff 7 ed 8 della motivazione, secondo cui le cause riunite erano diverse per il petitum e la causa pretendi, dando luogo a due distinte richieste di risoluzione per diversi ancorchè reiterati inadempimenti.
Aggiunge la sentenza a ff 7 che nessuna cessazione della materia del contendere risulta proposta dalla parte attrice ed accettata dalla controparte. NON RISULTA pertanto esistere alcuna violazione delle regole processuali richiamate nella titolazione del motivo.
AL RIGETTO DEL RICORSO segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione in favore di R. M., liquidate come in dispositivo.
LA CORTE ORDINA ai sensi dello art. 89 c.p.c. la cancellazione delle seguenti espressioni offensive contenute nel ricorso di D.: A PAG 15 SI CANCELLA LA PAROLA "COMPIACENTI" CHE PRECEDE LA PAROLA TESTIMONI. A PAG 19 SI CANCELLANO LE SEGUENTI PAROLE "IL TUTTO CON BUONA PACE DELLO OBBLIGO DI IMPARZIALITA’ E CORRELATIVO DIVIETO PENALE SANCITO PER LO INTERESSE PRIVATO IN ATTI DEL PROPRIO UFFICIO DA PARTE DI UN QUALUNQUE MAGISTRATO NELLO ESERCIZIO DELLE PROPRIE FUNZIONI".
P.Q.M.
RIGETTA IL RICORSO, ordina la cancellazione delle espressioni non convenienti indicate nella parte motiva e condanna il ricorrente a rifondere a M.R. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori e spese generali come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2012
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