Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza in data 10 luglio 2012 la Corte d’appello di Torino dichiarava inammissibile, perchè presentato fuori termine, l’appello proposto da G.R. avverso la sentenza del Tribunale di Torino, sezione distaccata di Ciriè, che, in data 2 marzo 2011, l’aveva condannata per il reato di truffa aggravata in concorso con C.G. e per l’effetto dichiarava esecutiva la sentenza nei suoi confronti. Con la stessa pronuncia la Corte di merito, in parziale riforma della sentenza impugnata dal coimputato C. G., qualificata l’imputazione come insolvenza fraudolenta aggravata, dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti per essere il reato estinto per intervenuta remissione di querela presentata in data 9.7.2012 ed accettata da entrambi gli imputati.
Ricorre per cassazione, a mezzo del suo difensore, G.R. lamentando erronea applicazione di norme processuali, sostenendo che, ai sensi dell’art. 587 c.p.p., non si era formato il giudicato a carico della ricorrente e che quindi l’inammissibilità della sua impugnazione non impediva l’estensione della remissione al concorrente nel reato. Si doleva del fatto che la norma richiamata impedisce il formarsi del giudicato nei confronti di chi non ha proposto o ha proposto fuori termini un’impugnazione garantendogli il godimento di eventuali benefici riconosciuti al correo fino al termine del giudizio di impugnazione. Il ricorso è fondato.
L’art. 587 c.p.p. disciplina la possibile estensione dell’impugnazione e quindi della sentenza al coimputato non appellante. L’articolo ha sostanzialmente recepito la disposizione già contenuta nell’art. 203 Codice del 1930. Considerato che nel nuovo processo non vi sono disposizioni che consentano la mutazione della linea ermeneutica adottata da questa Corte nella vigenza del codice abrogato, può affermarsi che il fenomeno processuale dell’estensione dell’impugnazione (in processo plurisoggettivo per lo stesso reato, o in procedimento cumulativo) in favore del coimputato non impugnante (o l’impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), di cui all’art. 587 cod. proc. pen., si risolve nella prospettazione di un evento (quale il riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sull’impugnazione, della fondatezza del motivo non esclusivamente personale dedotto dall’impugnante diligente), al verificarsi del quale questi diviene partecipe del beneficio conseguito dal coimputato.
La norma non attribuisce all’imputato non impugnante un autonomo diritto all’esame dei motivi dedotti dal coimputato, ma stabilisce l’estensione degli effetti favorevoli della sentenza che accolga tali motivi non esclusivamente personali. Come già chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, pronunciatasi anche a sezioni unite, anche sotto l’imperio del vecchio codice, l’effetto estensivo dell’impugnazione si concreta nella facoltà di un soggetto, che non ha proposto l’impugnazione, di prendere parte al nuovo giudizio promosso da altro soggetto, col quale abbia interesse identico o affine. Solo nei limiti segnati dalla domanda dell’impugnante, vigendo nei procedimenti di impugnazione il principio della disponibilità del rapporto processuale, il non impugnante è ammesso a sviluppare la propria difesa, nel senso che egli può aderire alle ragioni addotte dall’impugnante, senza essere titolare di un autonomo diritto all’accertamento della fondatezza dell’impugnazione. Gli effetti favorevoli, infatti, non sono legati alla cognizione del gravame ma si verificano indipendentemente dallo svolgimento, da parte del non impugnante di qualsiasi attività processuale e si producono sia a favore dei coimputati che non abbiano proposto impugnazione sia a favore di quelli che ne hanno proposta una inammissibile.
Si può dunque affermare che si verifica una estensione del rapporto processuale nonchè della sentenza (nei capi in cui vengono accolti i motivi di portata comune) in quanto questa costituisce l’atto conclusivo del rapporto.
L’art. 587 c.p.p. pone solo la condizione che i motivi non siano esclusivamente personali, e mira unicamente ad impedire che si formi il giudicato su una posizione di carattere oggettivo, la quale con la impugnazione di uno dei soggetti del rapporto processuale è ancora "sub iudice": il giudicato quindi su tale questione non si è ancora formato ed il giudizio in corso per uno è ugualmente in corso per l’altro responsabile dello stesso reato.
Lo scopo del legislatore è proprio quello di evitare che si formi il giudicato per l’uno e non per l’altro sulla stessa posizione con la inevitabile ed assurda conseguenza di eventuali contraddizioni di giudicato all’esito dei giudizio di impugnazione; pertanto finchè è in piedi l’impugnazione si tende ad evitare "de jure" e di ufficio che si abbiano giudicati contrastanti. La giurisprudenza richiama infatti a fondamento dell’estensione dell’impugnazione la finalità di eliminare o di evitare il contrasto di giudicati, di impedire ingiustificate disparità di trattamento fra coimputati che si trovino in posizioni sostanziali o processuali identiche, ovvero più in generale la finalità di attuare l’unità e la logicità della giurisdizione o di realizzare quelle superiori esigenze di giustizia che in paribus causis paria jura desiderat.
A seguito dell’impugnazione su punti non esclusivamente personali la questione comune è devoluta al giudice superiore il quale non può che pronunciare nei confronti di tutti risolvendo una sola volta detta questione.
Perchè si realizzi l’estensione dell’impugnazione è però richiesta una qualità negativa e cioè che i motivi non siano esclusivamente personali. La possibilità dell’effetto estensivo dell’impugnazione proposta da un coimputato non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coimputato non impugnante se i motivi dell’impugnante sono esclusivamente personali; in tal caso non ricorrendo le condizioni richieste dalla norma in esame non viene infranto il principio di evitare giudicati contrastanti tra loro, in quanto la posizione di ciascun imputato è dei tutto autonoma rispetto a quella degli altri. Anche qualora nei confronti dell’impugnante, instauratosi il regolare rapporto processuale, debba trovare applicazione l’art. 129 c.p.p., per il diverso effetto estensivo nei confronti del non impugnante occorre sempre, trattandosi di deroga al principio della "res iudicata", che ricorrano le condizioni espressamente previste dall’art. 587 c.p.p. per l’applicazione, in via eccezionale, dell’istituto in esame.
Deve, pertanto, ritenersi, in base alle considerazioni innanzi svolte, che nel caso in esame doveva trovare applicazione la declaratoria di non doversi procedere per essere il reato estinto per intervenuta remissione di querela alla coimputata, la cui impugnazione è stata ritenuta inammissibile, considerato che i motivi di impugnazione erano comuni e quindi non esclusivamente personali del coimputato impugnante. Nel caso in esame vi erano tutte le condizioni per il prodursi dell’estensione con la conseguenza che dovevano trovare applicazione nei confronti del coimputato non impugnante le declaratorie previste dall’art. 129 c.p.p., fra le quali rientra la sopravvenuta estinzione del reato per intervenuta remissione di querela. La sentenza deve essere pertanto annullata senza rinvio perchè il reato è estinto per remissione di querela.
Spese come per le legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè estinto il reato per remissione di querela.
Spese come per legge.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2013
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