Cassazione Civile SS.UU. del 8 aprile 2002 n. 5035 Condominio, proprietario apparente, rate insolute, azione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto ingiuntivo n. 42 del 1985, il Pretore di Saler­no ingiunse a Vincenzo Girino di pagare, in favore del Condominio di Corso Garibaldi n. 215 di quella città, la terza rata delle spese condominiali approvate con delibera del 10 luglio 1984.

Vincenzo Girino propose opposizione, che fu respinta dal Pretore.

Pronunciando sull’appello proposto da Alfredo Girino, Pierluigi Girino e Angela Sica, nella qualità di eredi di Vincenzo Girino, il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 1001/97 del 07/01/1997-19/04/1997, respinse l’appello e compensò integralmente le spese processuali.

Nella sentenza è detto che Vincenzo Girino non aveva comunicato il trasferimento di proprietà a favore della società Alpier s.r.L, avvenuto come da atto per notaio Pisani del 12/01/1983 in epoca precedente alla delibera condominiale (10/7/1984) di approvazione e riparto delle spese, ma aveva continuato ad esercitare i poteri afferenti alla posizione di condomino. Nell’ipotesi di alienazione di una porzione dell’edificio in condominio, occorre una iniziativa del nuovo acquirente o dell’alienante idonea a rendere nota la nuova titolarità della proprietà separata:

altrimenti, il condomino, che non comunichi il trasferi­mento e continui a presentarsi come proprietario, persiste ad essere obbligato.

La sentenza ha anche aggiunto che l’interpretazione della contestata clausola 2 dell’atto notar Giuliani del 13/4/1964 di acquisto dell’immobile in capo al Girino -concernente l’esonero da tutti i diritti ed i doveri condominiali, nonché dal contributo per eventuali spese straordina­rie – andava effettuata nel senso che l’esonero era limitato e riconducibile al solo ambito di quei beni comuni non utilizzabili sulla scorta della ubicazione strutturale dell’im­mobile condominiale. Ed in effetti, posto che i cespiti trasferiti non avevano accesso dai due portoni del palazzo, ma soltanto dalla strada, evidentemente l’esonero riguarda­va solo le parti condominiali che, per loro struttura, non erano utilizzabili, essendo illogica l’interpretazione di eso­nero totale dall’obbligo contributivo, dovendo ritenersi la permanenza nella titolarità del condomino della compro­prietà delle altre parti comuni.

Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassa­zione Alfredo e Pierluigi Girino e Angela Sica in base a tre motivi.

Il Condominio ha resistito con controricorso. Il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha investi­to le Sezioni Unite della decisione del ricorso, su richiesta della seconda sezione civile della stessa Corte la quale, con ordinanza del 17/05-16/10/2000, ha rilevato l’esistenza di contrasto circa la titolarità in capo al condomino, che ha alienato la sua porzione immobiliare, delle obbligazioni per le spese per le parti comuni e della susseguente legitti­mazione passiva nei confronti dell’azione giudiziaria pro­mossa dall’amministratore per il recupero dei crediti con­dominiali, in quanto, secondo un certo orientamento, il principio dell’apparenza del diritto può essere applicato anche in tema di condominio negli edifici per individuare il soggetto tenuto al pagamento delle spese condominiali, mentre, secondo un altro orientamento, legittimato passi­vo è il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire tale.

Motivi della decisione

1. Con i tre motivi di cui si compone la impugnazione i ricorrenti denunciano:

a) violazione degli artt. 1123 c.c., 63 disp. att. c.c., 630 n. 1 c.p.c., nonché violazione dei principi generali di diritto in ordine alla legittimazione passiva delle parti. Assumono che in tema di ripartizione delle spese condomi­niali è passivamente legittimato, rispetto all’azione giudizia­le per il recupero delle quote di competenza, il vero pro­prietario della porzione immobiliare e non, anche, chi possa apparire tale, difettando nei rapporti fra condomi­nio, che è ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tute­la del terzo in buona fede;

b) violazione e falsa applicazione deipari 1362 c.c.;

c) violazione dell’art. 360 n. 5 per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ai criteri da adottarsi per pervenire all’interpretazione del patto di cui all’art 2 dell’atto notaio Giuliani, e alla sua interpretazione;

d) violazio­ne e falsa applicazione degli artt. 1118 e 1123 c.c., 360 n. 1 c.p.c. Sostengono i ricorrenti che la sentenza non contie­ne motivazione in ordine alle ragioni per le quali non si potesse, come richiesto, procedere ad interpretazione lette­raria del patto in base al quale è stato escluso tra venditore ed acquirente il pagamento delle spese di condominio.

e) violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa pro­nuncia in relazione al punto relativo all’opponibilità al Condominio del patto di cui all’art. 2. Rilevano i ricorrenti che il Tribunale, benché con il secondo motivo di gravame gli appellanti avessero censurato la sentenza sul punto in cui afferma che il patto non era opponibile al Condominio, ha omesso ogni pronuncia sul punto.

2. In relazione alla questione sottesa al primo mezzo impugnatorio – se in tema di ripartizione delle spese condo­miniali sia passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale per il recupero delle quote di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare ovvero chi possa apparire tale – la causa è stata, come detto, rimessa all’esa­me di questo Collegio per composizione di contrasto di giurisprudenza.

3. Il denunciato contrasto effettivamente sussiste per­ché mentre un orientamento giurisprudenziale (per la verità più remoto e quasi superato, ma di recente ripropo­sto unicamente da Cass. 20/3/1999 n. 2617) è nel senso che debba continuare ad essere sottoposto al pagamento degli oneri condominiali il venditore di una unità immobi­liare facente parte dell’edificio condominiale, il quale, pur dopo il trasferimento della proprietà, ha continuato ad esercitare i diritti apparenti del condomino (Cass. 14/2/1981 n. 907; 16/11/1984 n. 5818; 1/9/1990 n. 9079); altro, e più attuale, indirizzo giurisprudenziale, invece, al contrario ritiene che obbligato al pagamento delle spese condominiali, e quindi legittimato passivo, sia il vero proprietario della porzione immobiliare (Cass. 3/4/2001 n. 4866; 19/4/2000 n. 5122; 8/8/1998 n. 6653; 27/6/1994 n. 6187).

4. L’orientamento giurisprudenziale, che ritiene l’appli­cabilità del principio dell’apparenza del diritto nei rappor­ti tra condominio e condomino, si fonda sulle seguenti considerazioni.

4.a. Innanzitutto rileva che lo stesso legislatore ha riconosciuto il principio in questione alcune volte in modo espresso (come ad es. per gli acquisti a titolo oneroso dall’erede apparente (art. 933 c.c. abr.; 534 c.c. vigente);per il matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficia­le dello stato civile (art. 113 c.c.); per il pagamento fatto al creditore apparente (art. 189,1° comma, c.c.), altre volte per implicito (ad es. negoziazione di titoli di credito, acqui­sto di beni mobili, obbligazioni assunte dai soci di società apparente etc.). Il principio è stato, quindi, esteso ed applicato, per ragioni di necessità che affiorano nella prati­ca, alle situazioni oggettive nelle quali il terzo si sia dimo­strato inconsapevolmente indotto a confidare nella rispon­denza al diritto della situazione esteriorizzata. In particola­re, il principio dell’apparenza ha trovato applicazione nel campo dei diritti reali prima ancora che in altri campi, come dimostra l’istituto del possesso, che ab antiquo è riconosciuto e tutelato, senza riguardo alla titolarità del diritto, come espressione di un potere di fatto, esercitato come diritto di proprietà o altro diritto reale. Lo stesso si deve dire per la concessione di ipoteca da parte del pro­prietario apparente, ai fini dell’iscrizione e della trascrizio­ne, che può prevalere sul diritto dell’effettivo proprietario.

4.b. Osserva poi l’orientamento in esame che i concetti di pubblicità e di apparenza, che rilevano nel caso di specie, e, che sembrerebbero inconciliabili, non lo sono, in effetti, in modo assoluto, perché, nonostante la prima consenta ai terzi di accertare la realtà giuridica di una situazione determinata che – indipendentemente dall’uso errato o fraudolento degli strumenti pubblicitari – può anche non coincidere con quella effettiva, in ogni caso la pubblicità non impedisce che su di essa possa venire a innestarsi una situazione derivata che, nel complesso dei suoi elementi costitutivi, consenta di ravvisare l’esistenza di circostanze idonee a generare il legittimo convincimen­to del terzo di essere entrato in rapporto con l’avente diritto. Esplicitando meglio tale concetto, l’orientamento giurisprudenziale in esame rileva che la configurazione del­l’apparenza richiede necessariamente il concorso di due condizioni: quella di uno stato di fatto formalmente rispon­dente a una realtà giuridica, e l’altra, del giustificato convin­cimento del terzo che le due situazioni coincidano. A fronte di ciò può dirsi, in generale, che la tutela dell’appa­renza del diritto non può essere invocata da chi abbia trascurato di accertare sui pubblici registri, contro ogni norma di avvedutezza, la situazione giuridica, appunto per­ché la pubblicità, dov’è imposta, ha la funzione di rendere nota ufficialmente la posizione che ne forma oggetto. Que­sto, tuttavia, quando il nesso sia diretto; quando, invece, il rapporto negoziale non riguarda la situazione giuridica resa pubblica, perché si riconduce ad, essa solo in via media­ta, il riferimento alle risultanze dei pubblici registri viene a perdere il suo carattere determinante, dal quale deriva l’onere dell’accertamento, per declassarsi a semplice inda­gine cautelativa, che può risultare anche ultronea rispetto alle esigenze della pratica del diritto (Cass. 16/11/1984 n. 5818).

4.c. La fattispecie complessa che viene a configurarsi nel caso dei rapporti tra condominio e condomino per quanto concerne le somme dovute da quest’ultimo, frappo­nendosi tra la pubblicità e la situazione di diritto apparen­te, allenta, o interrompe, addirittura, il legame fra i due elementi, consentendo di invocare utilmente il principio dell’apparenza come discriminante dell’errore, quando as­sume rilevanza giuridica autonoma (Cass. 1/9/1990 n. 9079; 14/2/1981 n. 907).

5. In dottrina gli autori che sostengono l’applicabilità della tutela dell’apparenza nei rapporti tra condominio e falso condomino, svolgono le seguenti considerazioni.

5.a. L’apparenza non è un fenomeno patologico che assume rilevanza solo in ipotesi eccezionali perché, al contrario essa può essere riconosciuta quale canone gene­rale dell’ordinamento applicabile, quindi, per analogia.

5.b. La certezza del diritto presuppone che sia possibi­le portare a conoscenza della generalità ogni situazione giuridicamente rilevante, come non è in effetti, e come non appare nemmeno realizzabile, in molti casi, a causa della molteplicità dei rapporti giuridici esistenti e della rigidità insita in ogni sistema di pubblicità legale. In tal senso è stato osservato che la imperfetta organizzazione del siste­ma di pubblicità nel diritto italiano e l’insufficiente svilup­po degli strumenti del formalismo giuridico rendono ne­cessario un mezzo che supplisca a cedeste deficienze, garantendo la tutela di interessi considerati eminenti.

5.c. L’esigenza di tutelare l’amministrazione condomi­niale che ha fatto ragionevole affidamento su una situazio­ne manifesta ha portato ad attenuare il rigore del collega­mento fra il potere di disposizione del diritto ed il suo titolare, riconoscendo la rispondenza alla realtà giuridica della situazione apparente quando l’accertamento della titolarità venga a risolversi in un intralcio alla circolazione dei beni e alla costituzione dei rapporti giuridici, tanto più che il comportamento posto in essere da chi si presenta come condomino senza esserlo si pone in violazione dei doveri di correttezza e di informazione all’interno del condominio.

5.d. Nell’ambito dei diritti reali l’apparenza è di remo­ta applicazione come dimostra la disciplina del possesso, tutelato anche contro l’effettivo proprietario come espres­sione di un potere di fatto esercitato come diritto di pro­prietà o altro diritto reale.

5.e. Il mancato controllo nei pubblici registri della posizione di proprietario del presunto condomino, da par­te dell’amministratore condominiale, non è di ostacolo alla invocabilità del principio dell’apparenza del diritto, giacché questa può essere fatta valere anche quando la situazione apparente non coincide con quella risultante dai pubblici registri, ove non viene in rilievo direttamente, ma solo come presupposto di una fattispecie complessa, rilevante autonomamente sul piano giuridico, addotta per giustificare l’errore del terzo di buona fede. La pretesa fatta valere dall’amministratore, infatti, riguarda l’adempi­mento di un’obbligazione pecuniaria connessa con la tito­larità del diritto di proprietà, e non questo diritto di per sé, o nei suoi riflessi reali. In altri termini i rapporti relativi al pagamento delle spese condominiali per l’utilizzazione del­le parti comuni che accedono all’unità immobiliare di proprietà individuale non concernono in via primaria e diretta l’avvenuto trasferimento della predetta unità immo­biliare, sicché le risultanze dei registri immobiliari sono rilevanti solo in via mediata, perdendo quel carattere deter­minante dal quale deriva l’onere dell’accertamento che può anche risultare ultroneo rispetto alle esigenze della gestione delle spese condominiali.

5.f. Ulteriore riscontro del fatto che la materia degli oneri condominiali, sebbene connessa con il diritto di proprietà, non integra una situazione di diritto reale, è costituito dal fatto che il pagamento effettuato per più anni in base a tabelle apparenti, perché non corrispondenti all’effettivo valore delle proprietà individuali, da luogo alla vigenza delle tabelle stesse, approvate per fatta concludentia, senza alcuna forma ad substantiam e senza dover verificare l’effettiva corrispondenza tra i millesimi corrispo­sti e quelli effettivamente dovuti in base al valore della proprietà secondo il disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. dello stesso codice.

6. L’opposto orientamento giurisprudenziale afferma, invece, che in tema di ripartizione delle spese condominia­li è passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale per il recupero della quota di competenza, il vero proprie­tario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire tale, difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, coessenziale alla tutela di terzi in buona fede (Cass. 8/7/1998 n. 6653).

6.a. Si è a tale proposito rilevato che il principio dell’apparenza del diritto è collegato alla esigenza di tutela­re l’affidamento incolpevole, e, cioè, la buona fede del terzo, che, senza sua colpa, abbia fatto affidamento su una determinata situazione, esistente però solo in apparenza, alla quale, quindi, al di fuori dell’applicazione del princi­pio in argomento, non potrebbe collegarsi nessun effetto giuridico, con grave pregiudizio del terzo, cui, in tesi, non è addebitabile un incauto affidamento. Caso tipico di appli­cazione del principio suddetto è quello dell’apparente rap­presentato, il quale si sia comportato nel mondo estemo in maniera tale da ingenerare nel terzo la convinzione plausi­bile e ragionevole della effettiva sussistenza della rappresentanza: in tal caso, in forza del principio dell’apparenza del diritto, l’apparente rappresentato è tenuto a far fronte agli obblighi assunti in suo nome dal falsus procurator (in effetti, al di fuori dell’applicazione del principio dell’ap­parenza del diritto, gli obblighi assunti dal falsus procurator in nome altrui non sorgerebbero ne in capo al falsus procurator, non avendoli lo stesso assunti in nome pro­prio, ne in capo all’apparente rappresentato, mancando la rappresentanza, con la conseguenza che il terzo in buona fede resterebbe pregiudicato nei suoi diritti e nei suoi interessi, per aver confidato, senza sua colpa, nella validità e nella efficacia di un contratto). Altro caso tipico di applicazione del principio in discorso è quello della c.d. società di fatto che, ancorché non esistente nella realtà dei rapporti giuridici, può apparire come tale di fronte ai terzi, quando due o più soggetti agiscano nel mondo esterno, in modo da determinare la opinione che essi siano soci: in questo caso, sempre per la esigenza di tutelare la buona fede del terzo, questi, che senza sua colpa abbia fatto affidamento sulla esistenza effettiva di un rapporto societa­rio fra alcune persone e sia venuto in rapporto con una di queste che abbia agito in nome e per conto della società, potrà sempre invocare la responsabilità illimitata e solida­le di tutte quelle persone che operavano in modo da apparire legate da un effettivo vincolo sociale (Cass. 27/6/1994 n. 6187).

6.b. Nel caso, invece, del rapporto tra il condominio ed il singolo condomino (proprietario esclusivo di singole unità immobiliari dello stabile condominiale), in ordine al pagamento, da parte di quest’ultimo, della sua quota di spese sostenute per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, owero per la prestazione dei servizi nell’interesse comune o per le innovazioni deli­berate dalla maggioranza, non si pone affatto una esigenza di tutelare al riguardo l’affidamento incolpevole del condo­minio e, quindi, di dare, a tal fine, corpo e sostanza ad una situazione apparente per non pregiudicare il condominio medesimo (Cass. 19/4/2000 n. 5122). Invero, a prescinde­re dalla considerazione che il condominio non è terzo ma una parte del rapporto, in tal caso, non può, ai fini della tutela della buona fede del condominio, sorgere la necessi­tà di collegare effetti giuridici ad una situazione apparente, come è nei casi esemplificati sopra, nei quali, se non si collegassero effetti giuridici alla situazione apparente, il terzo incolpevole non vedrebbe sorgere il rapporto sulla cui esistenza e validità aveva senza sua colpa confidato. Il rapporto giuridico tra il condominio e l’effettivo singolo condomino, proprietario esclusivo della unità immobilia­re, esiste, infatti, in ogni caso nella realtà, essendo previsto dagli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. di detto codice, e trattasi di un rapporto che, risultando da una situazione obiettiva quale è quella della proprietà delle varie unità immobilia­ri, non può essere influenzato dal comportamento di alcu­no, rispetto al quale è oltretutto anteriore.

6c. Si è pure osservato che paradossalmente, nel caso di rapporti tra condominio e condomino, con la pretesa applicazione del principio dell’apparenza del diritto, si determinerebbe una situazione in un certo senso opposta a quella che si verifica nei casi della società apparente e dell’apparente rappresentato: in questi, infatti, non esiste un valido ed effettivo rapporto e, per la tutela dell’affida­mento e della buona fede del terzo incolpevole, si deve attribuire rilevanza giuridica ad una situazione meramente apparente; nel caso in esame, invece, esiste, nella realtà giuridica un effettivo rapporto e lo si mette in non cale in forza di una situazione meramente apparente, da cui, sen­za necessità alcuna, si fa discendere un rapporto dello stesso contenuto (peraltro non assistito da garanzie come quello effettivo). Il fatto che il condominio, per errore determinato da un comportamento altrui, possa avere in­trapreso una iniziativa giudiziaria, può valere ad altri effetti e determinare semmai altre responsabilità ed in altre dire­zioni, ma non può portare a porre, a carico di un soggetto un obbligo che, invece, la legge pone a carico di un altro soggetto, esistente e bene individuato in base ad un rappor­to oggettivo (Cass. 27/6/1994 n. 6187).

7. La dottrina che commenta favorevolmente l’orienta­mento giurisprudenziale volto a negare la possibilità di applicare il principio dell’apparenza in tema di pagamento di spese condominiali, chieste dall’amministratore all’ap­parente condomino, svolge le seguenti considerazioni.

7.a. Innanzitutto sostiene che non è possibile superare il limite sempre riconosciuto dell’operatività del principio dell’apparenza per tutti quei casi in cui l’ordinamento attribuisce valore costitutivo, probatorio o anche di sempli­ce notizia ad un particolare sistema di pubblicità diretta a rendere nota ai terzi una determinata situazione giuridica sulla quale possono fare legittimo affidamento. Pubblicità e apparenza sono infatti istituti che si completano l’un l’altro, rispondenti alle medesime finalità di tutela dei terzi di buona fede; ma proprio perché tendenti alle stesse esigenze pratiche, logica vuole che dove opera la prima non abbia più ragione di operare la seconda. La tutela dell’apparenza non può infatti tradursi in un indebito van­taggio per chi abbia trascurato di accertarsi della realtà delle cose, preferendo affidarsi alla parvenza dei fatti. La titolarità del diritto reale rimane dunque la posizione giuri­dica essenziale e maggiormente rilevante, sia pure come presupposto determinante in una fattispecie più comples­sa; e non si vede come possa riconoscersi rilievo alcuno alla situazione giuridica apparente, in contrasto con quella risultante dai pubblici registri, senza mettere in forse la stessa validità e vigenza di tutto il sistema di pubblicità.

7.b. Richiama poi i principi di carattere generale elabo­rati in tema di tutela dell’apparenza del diritto secondo cui apparenza e pubblicità sono – e insieme con altri – strumen­ti concorrenti di tutela giuridica di una medesima esigenza pratica in relazione alla quale la c.d. apparenza assume la funzione di mezzo complementare, per cui là dove la pubblicità si attua pienamente e compiutamente, deve escludersi ogni autonoma tutela dell’apparenza, comun­que venga intesa. Infatti, quando la legge con i normali sistemi di pubblicità consente al contraente di accertarsi del vero stato delle cose, non è necessario alcun principio che protegge la buona fede del terzo, il quale faccia affida­mento su di una situazione apparente. Pertanto la pubblici­tà è un limite all’efficacia dell’apparenza. E questa affermazione trova puntuale riscontro nel costante orientamento della giurisprudenza secondo il quale il principio dell’ap­parenza del diritto non può essere invocato quando la situazione che si pretende apparente sia in contrasto con situazioni giuridiche risultanti dalla pubblicità legale. L’ap­parenza è infatti uno strumento elastico idoneo a penetra­re nei campi in cui il formalismo giuridico non ha avuto la possibilità di esplicarsi, e mira a proteggere l’interesse dei terzi tutte le volte in cui essi non hanno una dichiarazione formale su cui poggiare e tuttavia sono stati tratti in ingan­no da una situazione di fatto che abbia manifestato come esistente una realtà giuridica inesistente.

7.c. La dottrina che esclude la tutela dell’apparenza del diritto ai rapporti tra condominio e condomino apparente rileva ulteriormente che non può attribuirsi al conduttore di un’unità immobiliare la qualità di condomino per il solo fatto di avere egli partecipato alle assemblee condominiali, diritto che, peraltro, gli è riconosciuto dall’ari 10 della 1. n, 392 del 1978; tale norma si limita a prevedere solo una legittimazione del conduttore alla partecipazione alle as­semblee condominiali relative a determinate materie, con diritto di voto o di intervento nelle relative delibere e non una legittimazione passiva del conduttore nei confronti del condominio in ordine al pagamento degli oneri condomi­niali. Il nostro legislatore non prevede una azione diretta del condominio nei confronti del conduttore di una unità immobiliare. L’unico caso in cui potrebbe sussistere una obbigazione del conduttore nei confronti del condomino sarebbe quello in cui il conduttore, d’accordo con il locato­re, si fosse accollato (con un accollo estemo) i pagamenti da effettuare periodicamente all’amministratore, sempreché anch’egli avesse aderito a tale convenzione a norma dell’ari 1273 c.c. o ne fosse stato comunque a conoscen­za. La legge n. 392 del 1978 non ha, nei confronti del condominio, aggiunto al debitore originario (il condomi­no) un altro debitore (il conduttore), ma ha soltanto voluto disciplinare i rapporti tra conduttore e locatore.

8. Ritiene il Collegio che, valutate tali opposte prospetta­zioni e le rispettive argomentazioni, le quali, peraltro, più che fronteggiarsi (come in taluni momenti pur è avvenuto) in termini di radicale contrapposizione hanno, tendenzialmente, piuttosto, espresso una evoluzione, per aggiusta­menti successivi, di una linea interpretativa, la questione di contrasto, per quanto e nei limiti in cui episodicamente ancora si ripropone, debba comporsi in conformità del riferito più recente indirizzo che perviene ad escludere l’applicazione del principio dell’apparenza del diritto nei rapporti tra condominio e condomino, nel senso che in tema di ripartizione delle spese condominiali è passiva­mente legittimato, rispetto all’azione giudiziaria promossa dall’amministratore per il recupero della quota di compe­tenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire tale.

E ciò sia in considerazione della suitas dell’apparenza del diritto, sia sulla base di una corretta interpretazione degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. c.c., avuto riguardo alla natura processuale (contenziosa) dell’iniziativa giudiziaria intrapresa dall’amministratore e al sistema delle garanzie del credito.

8.1. Il principio dell’apparenza del diritto – ancorché rispondente (come ammesso in dottrina, ma soprattutto in giurisprudenza) ad uno schema negoziale di vasta portata, trascendente l’ambito delle singole figure legislativamente disciplinate e riconducibile a quello più generale della tutela dell’affidamento incolpevole – ha, però, una sua innegabile specificità e peculiarità, nel senso che non è suscettibile di incauti impieghi, specie in relazione a quelle fattispecie che trovano già nella legge una compiuta disci­plina, venendo in considerazione solo in presenza dell’esi­genza di tutelare il terzo in buona fede in ordine alla corrispondenza fra la situazione apparente e quella reale.

8.2. Nel caso del rapporto tra condominio (che pacifi­camente è ente di gestione) e il singolo condomino (pro­prietario esclusivo di determinate porzioni di piano o di unità immobiliari dello stabile condominiale) in ordine al pagamento, da parte di quest’ultimo, della sua quota di spese, sostenute per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione di servi­zi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, una esigenza di tutelare al riguardo l’affidamento incolpevole del condominio (che terzo non è) e, quindi, di dare a tal fine corpo e sostanza ad una situazione apparente per non pregiudicare il condominio medesimo, non si pone affatto.

Come già osservato, innanzitutto il condominio non è terzo ma una parte del rapporto, sicché rispetto ad esso non è possibile convenire la inesistente titolarità del diritto di proprietà nella effettiva titolarità e la inesistente legittima­zione in una effettiva legittimazione nascente dalla situazio­ne di apparenza. Inoltre, nel caso in esame, è da escludere la necessità, ai fini della tutela della buona fede del condo­minio, di collegare effetti giuridici ad una situazione appa­rente, come avviene nelle ipotesi di applicazione del princi­pio dell’apparenza del diritto, dove, in mancanza di tale collegamento, il terzo incolpevole non vedrebbe sorgere il rapporto sulla cui esistenza e validità aveva senza sua colpa confidato, perché il rapporto giuridico tra il condominio e il singolo condomino, proprietario esclusivo di unità im­mobiliari, esiste in ogni caso nella realtà.

8.3. Invero tale rapporto è espressamente previsto dagli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. c.c., che disciplinano compiutamente la materia della ripartizione delle spese e del recupero, da parte dell’amministratore, della quota di competenza del singolo condomino, stabilendo l’art. 1123 c.c. (primo comma) che «Le spese necessario per la conservazione e per il godimento delle parti comuni del­l’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comu­ne e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale ad valo­re della proprietà di ciascuno, salva diversa convenzione» e l’art. 63 disp. att. c.c. (primo comma) che «Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore può ottenere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, nonostante opposizione», aggiungendo (secondo comma) che «Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidal­mente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente».

8.4. L’ipotesi non contenziosa del rapporto va mante­nuta distinta da quella contenziosa.

Le esigenze di celerilà, praticità e funzionalità, addotte a giustificazione dell’applicazione dell’istituto dell’apparen­za del diritto, valgono per l’ipotesi non contenziosa del rapporto, quando, cioè, l’apparente condomino non solle­va alcuna contestazione provvedendo al pagamento degli oneri condominiali. In tal caso le violazioni dei rispettivi doveri (quelli di correttezza e di informazione a carico del condomino apparente e quelli di consultazione dei registri immobiliari a carico dell’amministratore) non rilevano; in particolare l’amministratore non è tenuto ad effettuare alcuna indagine, mediante consultazione dei pubblici regi­stri (che può essere anche costosa e a volte, complessa, con grave nocumento per la gestione condominiale) circa il vero proprietario dell’unità immobiliare, potendo oltre­tutto il problema essere affrontato anche in termini di adempimento del terzo (art. 1180 c.c.).

Diversa è l’ipotesi contenziosa, quando cioè l’ammini­stratore, in presenza di mancato pagamento, deve agire giudizialmente per il recupero delle spese condominiali. In tal caso, l’istituto dell’apparenza del diritto, che non è di natura processuale, bensì di natura sostanziale, non può valere a giustificare un’iniziativa giudiziaria svincolata dalla realtà; mentre la violazione dei rispettivi doveri va conside­rata, esigendo nel contempo un collegato giudizio di com­parazione e bilanciamento tra situazioni contrapposte.

8.5. Nell’ipotesi in cui l’amministratore agisca per il recupero delle spese di competenza, l’osservanza del dove­re di consultazione dei registri immobiliari presso la con­servatoria assume rilievo ed è preminente (rispetto al contrapposto dovere di correttezza e informativa) per l’in­dividuazione del vero condomino obbligato, non solo per­ché corrisponde a regola di normale prudenza accertare l’effettivo legittimato passivo allorché si intende dare inizio ad un’azione giudiziaria, ma anche perché appare confor­me al sistema della tutela del credito.

Sotto quest’ultimo profilo, ancorché generalmente l’omesso pagamento si verifica per le spese (consistenti) collegate alle innovazioni deliberate dalla maggioranza (come nel caso specifico), l’amministratore che agisce contro il condomino apparente, nell’ipotesi in cui quest’ul­timo sia privo di beni, potrebbe non vedere soddisfatto il credito azionato, con grave pregiudizio per la gestione condominiale. Laddove, invece, essendo il vero condomi­no proprietario dell’unità immobiliare, l’amministratore che agisce contro di lui può utilmente esperire tutti i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale (in particola­re chiedere sequestro conservativo: artt. 2905 c.c. e 671 c.p.c.) per il soddisfacimento del credito.

Il sistema normativo (art. 1123 e art. 63 disp. att. c.c.) che, in tema di omesso pagamento delle spese condominia­li, consente all’amministratore di ottenere decreto di in­giunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposi­zione, stabilendo altresì che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al paga­mento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente, è finalizzato non soltanto alla celerilà ma an­che al rafforzamento e soddisfacimento del credito per il buon andamento e operatività della gestione condominiale.

9. Conclusivamente deve affermarsi (in tal senso, quin­di, risolvendosi la questione di contrasto) che, in caso di azione giudiziale dell’amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale.

Alla luce del principio enunciato, la sentenza del Tribu­nale, che da esso si è discostato, non resiste alle censure formulate con il primo motivo del ricorso, che va accolto, assorbiti gli altri.

Di conseguenza la sentenza impugnata va cassata; e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, in applicazione dell’ari. 384 c.p.c., decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda proposta dal Condo­minio di Corso Garibaldi n. 215 di Salerno nei confronti Vincenzo Girino e, per l’effetto, revoca l’opposto decreto ingiuntivo n. 42/1985 del Pretore di Salerno.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite,

accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata

e, decidendo nel merito, rigetta la domanda, proposta dal Condominio di Corso Garibaldi n. 215 di Salerno nei confronti Vincenzo Girino, revo­cando l’opposto decreto ingiuntivo n. 42/1985 del Preto­re di Salerno.

Roma, 14 febbraio 2002.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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