Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-08-2012, n. 14184

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Svolgimento del processo
Nel corso della procedura esecutiva immobiliare n. 178/2006 promossa, innanzi al Tribunale di Udine, da XXX di XXX nei confronti di B.L., quale socia accomandataria di XXX s.a.s. – procedura in cui erano intervenuti C. F., T.M. s.r.l., XXX e C. s.a.s., T.E., XXX di Udine, Be.Pa. e XXX di XXX – la debitrice esecutata proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso il piano di riparto, ottenendo dal G.E., inaudita altera parte, provvedimento di sospensione dell’ordinanza di assegnazione delle somme ricavate dalla vendita: provvedimento, poi, revocato, in esito alla comparizione delle parti, con ordinanza in data 17.09.2009.
Proposto reclamo dalla B., il Tribunale di Udine con ordinanza 12.11.2009, depositata il 16.11.2009, ha dichiarato inammissibile il reclamo, nulla disponendo sulle spese, da liquidarsi nel giudizio di merito.
A fondamento della pronuncia di inammissibilità è stata evidenziato che – essendo stata data esecuzione all’ordinanza di assegnazione in epoca antecedente al reclamo e risultando eseguiti i pagamenti a favore del creditore procedente e degli intervenuti – era venuto meno l’interesse ad agire posto a fondamento del proposto reclamo Avverso detta ordinanza in data 12.11.2009/16.11.2009, nonchè anche avverso la precedente ordinanza del 17.09.2009 ha proposto ricorso per cassazione B.L., svolgendo tre motivi.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.
Motivi della decisione
1. Il primo dei due provvedimenti di cui al ricorso in esame – e, cioè, l’ordinanza in data 17.09.2009 – è stato assunto (vertendosi in materia di opposizione agli atti esecutivi, secondo la qualificazione contenuta nel provvedimento impugnato e confermata dalla stessa ricorrente) in quella fase della procedura esecutiva, prevista dall’art. 618 c.p.c., comma 2, nella quale il giudice dell’esecuzione (secondo il testo introdotto a partire dal 1 marzo 2006, dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, qui applicabile) "da con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura", fissando "in ogni caso… un termine perentorio per l’inizio del giudizio di merito". E’ quindi un provvedimento provvisorio, avente forma e sostanza di ordinanza, soggetto alla procedura del reclamo ex art. 669 cod. proc. civ., di fatto poi esperita dall’odierna ricorrente.
Anche l’altro provvedimento, oggetto del ricorso in esame – e, cioè, la decisione del Tribunale di Udine in data 16.11.2009 che ha, per l’appunto "dichiarato inammissibile il reclamo per carenza di interesse ad agire" – è, per come si presenta formalmente, un’ordinanza riservata su reclamo ex art. 669 terdecies cod. proc. civ. avverso il precedente provvedimento. E’ il caso di osservare sin da ora che la statuizione di inammissibilità è inequivocamente riferita al reclamo, senza alcun pregiudizio per l’esito del giudizio di merito sull’opposizione agli esecutivi, come appare chiaro anche dal rinvio della regolazione delle spese al giudizio di merito.
1.1. La ricorrente ha chiesto, "in via preliminare" di cassare l’ordinanza collegiale emessa in sede di reclamo sul presupposto di una situazione di incompatibilità di uno dei componenti del collegio e "nel merito, cassata senza rinvio l’ordinanza di cui sopra" di provvedere a "cassare senza rinvio altresì l’ordinanza del 17.09.09" con rinvio degli atti ad altro giudice, per verificare la congruità dell’ordinanza di assegnazione di somme originariamente impugnata e per disporre la restituzione delle somme assegnate, deducendo i seguenti motivi:
1.1.1.quanto all’ordinanza pronunciata all’udienza del 17.9.2009 omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5);
1.1.2.quanto all’ordinanza pronunciata all’udienza del 17.9.2009 e all’ordinanza collegiale del 12.9.2009 violazione o falsa applicazione di norme di legge e in particolare dell’art. 111 Cost., art. 6 della CEDU, art. 47, comma 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 360 c.p.c., n. 3);
1.1.3. quanto all’ordinanza collegiale del 12.9.2009 violazione dell’art. 51 cod. proc. civ..
2. Il ricorso – formalmente proposto come ricorso ordinario ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – non è suscettibile di superare il preventivo vaglio di ammissibilità, neppure se riguardato come ricorso straordinario ex art. 111 Cost..
Invero i provvedimenti impugnati, dal punto di vista formale, rientrano, come si è detto, nel novero delle ordinanze, per cui non sono compresi tra quelli per i quali l’art. 360 cod. proc. civ. consente il ricorso ordinario per cassazione. Inoltre, sotto l’aspetto sostanziale, i medesimi provvedimenti sono privi di quei caratteri di definitività e decisorietà solo in presenza dei quali essi sarebbero suscettibile di ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost.. Peraltro avverso la prima delle due ordinanze in questione è stato già esperito l’unico mezzo ammissibile, che era, per l’appunto, il reclamo, su cui si è pronunciata la seconda ordinanza.
2.1.Si rammenta che il ricorso straordinario è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi ed abbiano carattere decisorio, cioè siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale. Ne consegue che non può essere considerata ammissibile l’impugnazione con tale mezzo avverso l’ordinanza emessa da un giudice – qual è quello dell’esecuzione o il giudice del reclamo avverso il provvedimento assunto dal primo – per definizione carente del potere di emettere sentenze o comunque decisioni con carattere di definitività.
Valga considerare che i provvedimenti che il giudice del tribunale, quale giudice dell’esecuzione, adotta, di norma, con la forma dell’ordinanza, secondo quanto previsto dall’art. 487 cod. proc. civ., non presentano tutti e due i caratteri prima indicati, posto che – quand’anche intervenienti su situazioni di diritto soggettivo – non statuiscono su di esse e in particolare mancano di quello della definitività: ciò, in quanto l’art. 487 c.p.c., comma 1, prevede che lo stesso giudice possa modificarli o revocarli sino a che non siano stati eseguiti; perchè le ordinanze, che dichiarano l’estinzione o rigettano la relativa eccezione, sono soggette a reclamo che è deciso con sentenza (art. 630 c.p.c., comma 3);
perchè anche i provvedimenti sulla sospensione, positivi o negativi che siano, adottabili nell’ambito di opposizioni esecutive ai sensi degli artt. 615, 617 e 619 cod. proc. civ. sono soggetti a reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies in forza del richiamo, da parte dell’art. 624 c.p.c, comma 4, al comma 2, della stessa norma (cfr.
Cass. ord. n. 11243 del 2010) ; perchè infine e, in linea generale, il sistema di controllo dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione è garantito, come avverso ogni atto esecutivo, attraverso il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ..
Anche il provvedimento emesso dal Tribunale sul reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies cod. proc. civ. è caratterizzato – per quanto definitorio della procedura cautelare – dalla provvisorietà e dalla strumentalità, sostituendosi all’atto reclamato, con identica natura e funzione ed essendo suscettibile di essere rivisto nel giudizio di merito. Invero l’opposizione agli atti esecutivi (come tutte le opposizioni esecutive) deve essere trattata in apposita sede, la quale è di cognizione contenziosa e autonoma rispetto al procedimento esecutivo e deve, altresì, concludersi con sentenza, la quale è tale sotto tutti i profili (compresa la sua ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.).
2.2. E’ il caso di osservare che il sistema introdotto dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, ha innovato le modalità di evoluzione delle opposizione esecutive verso la cognizione piena, posto che – a differenza che nel sistema previgente in cui era lo stesso giudice dell’esecuzione che provvedeva all’istruzione della causa di opposizione a norma degli artt. 175 e segg. cod. proc. civ. (salvo il caso dell’opposizione all’esecuzione di competenza di diverso ufficio giudiziario) – risulta escluso qualsivoglia automatismo, prevedendo gli "attuali" artt. 616 e 618 cod. proc. civ. che il giudice dell’esecuzione – adottati o meno i provvedimenti indilazionabili ovvero disposta la sospensione dell’esecuzione – fissi un termine perentorio "per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata (…)" e valorizzando l’art. 186 bis att. cod. proc. civ. la "cesura" tra la fase "cautelare" e il merito dell’opposizione, con la previsione che il giudizio di opposizione agli atti esecutivi sia trattato "da un magistrato diverso da quello che ha conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposizione".
In definitiva sia il provvedimento emesso dal giudice dell’esecuzione, sia quello, eventualmente pronunciato "in seconda battuta" dal giudice del reclamo sono espressivi di una potestas di tipo cautelare (di sospensione dell’esecuzione o, in genere, in caso di opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., di pronuncia dei provvedimenti indilazionabili) e – come tali – non statuiscono su situazione di diritto sostanziale; essi, inoltre, sono emessi in una fase procedimentale inidonea a dare luogo ad una decisione definitiva, risultando questa condizionata alla preventiva instaurazione del giudizio di merito, di modo che è da escludere che detti provvedimenti, quand’anche irrituali, possano assumere il carattere della definitività e decisorietà.
2.3. Il presente ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, in applicazione del seguente principio di diritto cui il Collegio intende dare continuità: è inammissibile, tanto nel regime dell’art. 624 cod. proc. civ. scaturito dalla riforma di cui alla L. n. 52 del 2006, quanto in quello successivo di cui alla L. n. 69 del 2009, il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione abbia provveduto sulla sospensione dell’esecuzione, nell’ambito di un’opposizione proposta ai sensi degli artt. 615, 617 e 619 cod. proc. civ., nonchè avverso l’ordinanza emessa in sede di reclamo che abbia confermato o revocato la sospensione o l’abbia direttamente concessa, trattandosi nel primo caso di provvedimento soggetto a reclamo ai sensi dell’art. 669- terdecies cod. proc. civ., ed in entrambi i casi di provvedimenti non definitivi, in quanto suscettibili di ridiscussione nell’ambito del giudizio di opposizione (Cass. 8 maggio 2010, n. 11243; Cass. 12 marzo 2008, n. 6680; cfr. anche Cass. 26 ottobre 2011, n. 22308).
Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2012

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