Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-08-2012, n. 14727

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 20.7.95 C.A.M. conveniva in giudizio avanti al tribunale di Foggia S. F.A. deducendo di avere con lui stipulato un preliminare di vendita avente ad oggetto un complesso immobiliare urbano sito in (OMISSIS), composto da 3 locali al piano terra,due appartamenti al 1 piano e un terrazzo di copertura, per il prezzo complessivo di L. 480.000.000, di cui L. 400.000.000 versati alla firma del preliminare a mezzo 5 assegni circolari a titolo di caparra confirmatoria, e la residua somma di L. 80.000.000 da versarsi alla stipula del definitivo entro il 30.6.1995, garantendo per tale data la piena proprietà e disponibilità del bene, nonchè la libertà da ipoteche ed altri gravami pregiudizievoli. Poichè il convenuto non aveva stipulato l’atto definitivo, nè aveva consegnato gli immobili, chiedeva il trasferimento coattivo dei cespiti promessi ai sensi dell’art. 2932 c.c. previo pagamento del residuo prezzo di L. 80.000.000 a saldo, già depositato in un libretto bancario, a condizione dell’avvenuta cancellazione di ogni peso esistente sul cespite. In subordine chiedeva dichiararsi la risoluzione del contratto per grave inadempimento dello S., con la condanna del medesimo alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria.

S.F.A., costituitosi in giudizio, contestava la domanda attrice, assumendo che il preliminare di vendita in realtà era stato stipulato per dissimulare un prestito di L. 400.000.000, garantito dalla promessa di trasferimento del bene in caso di mancata restituzione della somma alla data del 30 giugno 1995, previo pagamento dell’importo di L. 80.000.000 a titolo d’interessi;

precisava che il complesso immobiliare ceduto aveva un valore effettivo superiore a L. 1.100.000.000 come risultava dalla documentazione prodotta. Concludeva quindi chiedendo il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, annullarsi il preliminare per lesione ultra dimidium, con condanna della C. al risarcimento dei danni; in via gradata, in caso di risoluzione del negozio, chiedeva disporsi la restituzione della soma ricevuta, con il rigetto della richiesta del doppio della caparra.

L’adito Tribunale di Foggia, con sentenza n. 2325/2001 accoglieva la domanda attrice disponendo il trasferimento della proprietà dell’immobile ex art. 2932 c.c., ritenendo che nessuna prova era stata allegata dal convenuto circa l’asserita simulazione del contratto diretto a costituire una garanzia per il preteso prestito della somma ricevuta.

Avverso la sentenza ricorreva in appello lo S. riproponendo le eccezioni e domande già esposte nel giudizio di prime cure, insistendo per la declaratoria della totale simulazione del preliminare in questione non avendo le parti inteso concordare alcuna vendita ma solo un finanziamento garantito dal complesso immobiliare promesso per lucrare interessi usurai. Resisteva l’appellata e l’adita Corte d’Appello di Bari con sentenza n. 131/2003 depos. in data 17.06.2005 accoglieva l’appello e rigettava la domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare proposta dalla C., che condannava al pagamento delle spese del doppio grado.

Secondo la corte distrettuale, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, il contratto era indice dell’esistenza di un patto commissorio; vi era infatti in atti la prova della simulazione del preliminare, peraltro deducibile dal tenore dello stesso contratto diretto chiaramente a dissimulare un mutuo garantito, quanto alla restituzione, dalla promessa di vendita entro un dato termine. Invero il complesso immobiliare in questione aveva un valore di mercato molto più elevato di quello stabilito nel contratto ed era inusuale la corresponsione di una somma a titolo di caparra confirmatoria così elevata da coprire quasi l’intero prezzo convenuto, per cui la pattuizione del modesto saldo di L. 80.000.000 da versarsi alla scadenza di 8 mesi, faceva ritenere che in realtà la stessa presentava gli interessi della somma mutuata.

Per la cassazione la suddetta decisione ricorre C.A.M. sulla base di un solo complesso mezzo; resiste lo S. con controricorso.

Motivi della decisione

Preliminarmente dev’essere disattesa l’istanza di cessazione della materia del contendere unilateralmente avanzata da C.A. M. nella sua memoria ex art. 378 c.p.c., a nulla rilevando a tal fine l’avvenuto trasferimento degli immobili oggetto del preliminare per cui è causa in forza del decreto del Tribunale di Foggia del 2.07.2009.

Passando all’esame del ricorso, osserva il Collegio che, con l’unico articolato il motivo si denuncia il vizio di motivazione della sentenza:

A) per essere state totalmente trascurate dalla Corte distrettuale una serie di circostanze di fatto, emergenti dalla prodotta documentazione, che, se attentamente esaminate e valutate, avrebbero dimostrato l’insussistenza del patto commissorio asseritamente dissimulato nella scrittura privata del 14.7.1994 avente ad oggetto contratto preliminare di vendita;

B) per non avere esaminato e valutato l’interrogatorio formale reso dalla sig.ra C. e deferitole dal sig. S. sulle posizioni di fatto indicate in comparsa di costituzione del 10.6.96 e per non aver considerato che il sig. S. era decaduto dalla prova testimoniale dedotta sulle stesse posizioni di fatto;

C) per avere utilizzato circostanze di fatto del tutto inconcludenti e non dimostrate dell’affermato dissimulato patto commissorio. La ricorrente ha altresì dedotto la conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 e 1366 c.c. (che dettano regole per una corretta interpretazione dei contratti) e dell’art. 116 c.p.c., degli artt. 1963, 2744 (divieto di patto commissorio) e 2697 c.c..

L’esponente sottolinea come non fosse documentata la sproporzione tra il prezzo di vendita pattuito e l’effettivo valore dell’immobile;

l’asserito patto commissorio poi doveva ritenersi escluso dalla mancata previsione di una clausola di restituzione di danaro ricevuto dal venditore; dal fatto che nel contratto non fosse previsto l’obbligo del promissario di restituire la somma entro il 30 giugno 1995 onde evitare la stipula dell’atto di vendita; dalla circostanza secondo cui gli immobili oggetto del preliminare fossero gravati da ipoteche per L. 2.100.000.000; nulla di inusuale vi era peraltro nell’ elevato ammontare della caparra ricevuta.

La doglianza è fondata.

Nella fattispecie ciò che manca ai fini di riconoscere nell’operazione in esame una prestazione di garanzia è il carattere incondizionato del preliminare e la mancanza di prova di uno specifico patto che, al pagamento della somma mutuata, avrebbe ricondotto il venir meno dell’obbligo di vendere.

La sentenza ha però falsamente applicato il divieto di patto commissorio posto dagli artt. 1963 e 2744 c.c. in quanto, se è pur vero che un patto commissorio può essere apposto anche ad un contratto preliminare (Cass. n. 11924 del 23/10/1999), essenziale per il riconoscimento di esso, sia sotto il profilo della dissimulazione con il preliminare di vendita di un contratto di mutuo con il patto commissorio e sia sotto il profilo di un preliminare di vendita nullo per illiceità della causa, è che l’obbligo del promissario di trasferire il bene promesso in vendita alla data stabilita per la redazione del rogito, risulti da contratto (o da patti aggiunti ad esso) e che sia condizionato alla mancata restituzione della somma mutuata (individuata nella specie in L. 400.000.000).

Questa S.C. ha precisato al riguardo : "In tema di patto commissorio, l’automatismo del vietato trasferimento di proprietà del bene costituisce un connotato della figura tipica di cui alla previsione dell’art. 2744 c.c., mentre nelle ipotesi in cui non vi sia stata la concessione di pegno o ipoteca e l’illegittima finalità venga realizzata indirettamente in virtù di strumenti negoziali preordinati a tale particolare scopo, il requisito dell’anzidetto automatismo non può ritenersi esigibile, giacchè la sanzione della nullità deriva dall’applicazione dell’art. 1344 c.c., per snaturamento della causa tipica del negozio, piegata all’elusione della norma imperativa di cui al citato art. 2744 cod. civ.. In siffatti casi la coartazione del debitore, preventivamente assoggettatosi alla discrezione del creditore, è "in re ipsa", non disponendo il medesimo (come nella specie, in cui era stata conferita procura irrevocabile a vendere il bene senza necessità di ulteriori "consensi, approvazioni o ratifiche") di alcuna possibilità di evitare la perdita del bene costituito in sostanziale garanzia".

(Cass. n. 5426 del 05/03/2010).

Nella fattispecie in esame dal tenore del preliminare (non è stato allegato alcun patto aggiunto), non emerge alcun obbligo da parte dello S. di restituire alla C. l’acconto versatogli entro e non oltre la data del 30.6.1995, stabilita solo per la stipula del contratto definitivo. D’altra parte non vanno trascurate alcune circostanze che contrastano con la tesi del patto commissorio, costituite dal fatto che la C. aveva effettivamente invitato lo S. con atto di diffida ad adempiere notificato in data il 28.6.95 e con telegramma del 29.6.95 a comparire avanti al notaio per la stipula del rogito "di compravendita", mostrando in tal modo di mirare effettivamente alla proprietà dei beni promessi in vendita piuttosto che alla restituzione del presunto mutuo. Significativo è anche la motivazione del diniego del promittente di cui al telegramma 16.7.95 ("Non sarò presente al rogito per valore non conforme all’immobile punto"), che dunque faceva riferimento alla sola asserita non congruità del prezzo stabilito per la vendita dell’immobile e non ad altro. Manca dunque in definitiva una più approfondita indagine da parte del giudice di merito della condotta delle parti in occasione della stipula del contratto ed anche successivamente allo stesso.

In sintesi, la sentenza, pur soffermandosi sugli elementi indizianti la costituzione di un mutuo, in effetti non ha poi affrontato la questione se a termini del contratto (o di un patto che risultasse ad esso aggiunto), l’obbligo di trasferimento del promissario fosse condizionato, nel senso che restituendo l’importo di L. 400.000.000 ricevuto e corrispondendo l’ulteriore importo di L. 80.000.000 – la cui somma costituiva il prezzo complessivo di vendita – il preliminare si sarebbe risolto ed egli sarebbe stato liberato dell’obbligo di trasferimento assunto in sola funzione di garanzia.

Conclusivamente il ricorso va accolto; la sentenza dev’essere cassata e la causa dev’essere rinviata ad altra sezione della stessa Corte d’Appello di Bari.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2012

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