Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-08-2012, n. 14725

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 25-1-2001 M.G., M. E. e M.S. convenivano dinanzi al Tribunale di Trento, Sezione Distaccata di Borgo Valsugana, M.M. e R.R., lamentando che M.M., dante causa di R.R., nell’effettuare una ristrutturazione del suo immobile, aveva realizzato l’impianto elettrico, idrico e del gas invadendo la loro proprietà. Essi precisavano, in particolare, che l’impianto idrico era stato realizzato nella proprietà esclusiva di M.G.. Tanto premesso, gli attori chiedevano la condanna dei convenuti alla rimozione di tali impianti e al risarcimento dei danni.

Nel costituirsi, M.M. contestava la fondatezza della domanda, deducendo, in particolare, con riferimento all’impianto idraulico, che da epoca antecedente alla divisione dell’immobile nelle attuali porzioni il contatore a servizio della p.m. 2 era ubicato nella cantina della p.m. 1 ora di proprietà di G., mentre fino al 1999 le condutture salivano da tale contatore all’interno della cantina e della sovrastante stanza (p.m. 4). Il convenuto affermava che nei 1999 aveva commissionato l’esecuzione del progetto di allacciamento diretto dell’acquedotto comunale, mediante spostamento all’esterno del contatore e dei tubi, ma che i lavori erano stati sospesi a causa del comportamento di G., che aveva impedito lo spostamento del contatore. Egli sosteneva, pertanto, che sussistevano i presupposti per la declaratoria di costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia o per la costituzione di servitù coattiva, per interclusione della sua porzione immobiliare.

Si costituiva anche R.R., sostenendo anch’essa di aver diritto al mantenimento dell’impianto idraulico per effetto della costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ovvero di costituenda servitù coattiva.

A seguito di espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 17-4-2004 il Tribunale adito rigettava le domande proposte dagli attori, condannando questi ultimi al pagamento delle spese di lite.

Tale decisione veniva appellata dalla sola M.S., limitatamente al rigetto della domanda di rimozione dell’impianto idrico di adduzione dell’acqua alla proprietà dei convenuti, di risarcimento danni e di condanna alle spese di giudizio.

Nel costituirsi, M.M. contestava la fondatezza del gravame e ne chiedeva il rigetto.

R.R. insisteva anch’essa per la conferma della sentenza impugnata e, in via subordinata, chiedeva che, previa integrazione del contraddittorio nei confronti di M.E. e, G., venisse dichiarata l’esistenza di servitù per destinazione di famiglia o venisse costituita servitù coattiva a favore della p.m. 2 ed a carico delle p.m. 1, 3 e 4 della p. ed. 5/2.

La Corte di Appello di Trento, dopo aver disposto con ordinanza l’integrazione del contraddittorio nei confronti di M.E. e G., con sentenza depositata il 23-9-2005 rigettava l’appello principale, rilevando che l’attuale sistemazione precaria del tubo dell’acqua lamentata dall’appellante non era imputabile agli appellati, ma al comportamento di M.G., il quale si era opposto ai lavori di spostamento dell’impianto idrico. La Corte territoriale accoglieva invece la domanda riconvenzionale proposta da R.R., dichiarando la sussistenza di servitù di acquedotto a carico della p.m. 4 della p. ed 5/2 attualmente di proprietà di M.S. ed a favore della p.m. 2 della p. ed.

5/2 di proprietà della convenuta.

Con ordinanza dell’8-3-2006 la Corte di Appello correggeva la predetta sentenza, disponendo che, laddove veniva statuita la condanna dell’appellante alla rifusione delle spese di appello in favore degli appellati, le parole "a favore degli appellati" andavano sostituite con le parole "in favore di ciascun appellato".

Per la cassazione della sentenza di appello ricorre M.S., sulla base di due motivi.

Resistono con separati controricorsi M.M. e M. S., quest’ultima quale erede universale di R.R..

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.

Motivi della decisione

1) Entrambi i controricorrenti hanno eccepito in limine l’inammissibilità del ricorso per mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c..

L’eccezione è priva di fondamento, in quanto nella specie non trova applicazione, ratione temporis, la norma citata, avendo il ricorso ad oggetto una sentenza pubblicata prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (2-3-2006), che ha introdotto l’art. 366 bis c.p.c..

Nessuna rilevanza può assumere, in contrario, l’ordinanza di correzione emessa dalla Corte di Appello in data 8-3-2006, non avendo il ricorso ad oggetto le parti corrette della sentenza di appello e non essendo, quindi, l’interesse alla proposizione dell’impugnazione sorto per effetto del provvedimento di correzione.

2) Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di Appello illegittimamente pronunciato sulla domanda intesa al riconoscimento della esistenza di servitù di acquedotto per destinazione di padre di famiglia, proposta dall’appellante R.R. solo in via subordinata.

Sostiene che, avendo rigettato l’appello principale, il giudice del gravame non avrebbe potuto pronunciare su tale domanda.

Il motivo è fondato.

Dalla lettura delle conclusioni delle parti trascritte nella sentenza impugnata si evince che effettivamente la R., nel giudizio di secondo grado, aveva chiesto il rigetto del gravame proposto da M.S., e solo in via subordinata aveva chiesto la declaratoria dell’esistenza di servitù di acquedotto costituita per destinazione del padre di famiglia.

La Corte di Appello, pertanto, avendo rigettato il gravame principale, non avrebbe potuto emettere, in accoglimento dell’appello incidentale subordinato e "in parziale riforma della sentenza" impugnata, una pronuncia dichiarativa dell’esistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia. Statuendo al riguardo, essa è incorsa nel vizio di ultrapetizione.

Qualora, infatti, l’appello incidentale venga formulato in via subordinata all’accoglimento dell’appello principale, è viziata da ultrapetizione la decisione del giudice del gravame che, rigettato l’appello principale, provveda sull’appello incidentale, dal momento che tale impugnazione può essere esaminata solo in caso di rigetto di quella principale.

3) Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1067 c.c. e la illogicità e contraddittorietà della motivazione. Sostiene che il ragionamento seguito nella sentenza impugnata appare viziato, in quanto, pur riconoscendo l’illegittimo aggravamento della servitù di adduzione dell’acqua conseguente alla posa del tubo volante in plastica nella proprietà della M. in sostituzione della vecchia conduttura sotto traccia, la Corte territoriale ha ritenuto infondata la domanda di rimozione di tale tubo. Deduce che la statuizione impugnata la violato l’art. 1067 c.c., in quanto l’odierna ricorrente, in qualità di proprietaria del locale in cui passa la conduttura, ha il diritto di ottenere l’eliminazione del tubo volante di adduzione dell’acqua, che ha determinato l’aggravamento della servitù preesistente, indipendentemente dalle ragioni di detto aggravamento. Rileva, inoltre, l’illogicità della motivazione nella parte in cui da un lato ha respinto la domanda di M.S. volta alla rimozione del tubo volante, e dall’altro ha stabilito che, avendo tale tubo comportato un illegittimo aggravamento della servitù costituita per padre di famiglia, il percorso di detta servitù dovrà essere diverso.

Il motivo è inammissibile.

Dalla lettura del ricorso si evince che con la sentenza di primo grado (il cui testo, per la parte che qui interessa, è stato integralmente trascritto dalla ricorrente) il Tribunale ha rigettato la domanda attrice volta alla rimozione dell’impianto idrico a servizio della p.m. 2 (contatore e punto di allacciamento) ubicato nell’unità immobiliare attualmente di proprietà di M. S., ritenendo fondata l’eccezione di parte convenuta di esistenza di una servitù per destinazione di padre di famiglia. Il giudice di primo grado, infatti, ha accertato che la predetta ubicazione preesisteva al frazionamento dell’edificio in una pluralità di porzioni materiali, e risaliva all’epoca in cui l’intero edificio apparteneva all’unico proprietario e dante causa delle parti, M.G.. Esso ha osservato, conseguentemente, che l’attuale modalità di esercizio della servitù, mediante utilizzo di un tubo volante, costituisce un aggravamento della servitù preesistente; ed ha ritenuto di non poter adottare alcuna statuizione diretta alla eliminazione di tale aggravamento, in mancanza di un’espressa domanda dell’attrice.

Non risulta (nulla è stato dedotto al riguardo nel ricorso) che l’odierna ricorrente, con l’atto di appello, abbia mosso specifiche censure avverso la sentenza di primo grado, nella parte in cui ha ritenuto non proposta dall’attrice una domanda volta a far valere, ai sensi dell’art. 1067 c.c., l’aggravamento della servitù preesistente.

Le censure mosse con il motivo in esame, pertanto, prospettando la violazione dell’art. 1067 c.c. e correlati vizi di motivazione, attengono ad una domanda nuova, in quanto in primo grado l’attrice non ha agito ai sensi dell’art. 1067 c.c., ai fini dell’eliminazione del mero aggravamento della servitù preesistente, ma ha proposto una negatoria servitutis, chiedendo la rimozione dell’intero impianto idrico a servizio della proprietà dei convenuti esistente nella sua unità immobiliare, a suo dire abusivamente realizzato dai convenuti.

Detta domanda, pertanto, in quanto nuova, non può costituire oggetto di motivo di ricorso per cassazione, nè essere così introdotta in sede di legittimità, giacchè i motivi di ricorso, nel giudizio di cassazione, devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che abbiano già formato oggetto del decidere nel giudizio di secondo grado, quale fissato e delimitato dall’impugnazione delle parti (tra le tante v. Cass. 25-3-1995 n. 3496; Cass. 11-8-1990 n. 8230; Cass. 2- 8-1990 n. 7714), e non possono riguardare eventuali ampliamenti dell’ambito del giudizio di appello, rispetto a quello circoscritto e delimitato dagli specifici motivi di gravame, operati dal giudice nella sentenza di secondo grado, incorsa così nel vizio di extrapetizione per il mancato rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. (Cass. 20-6-1996 n. 5708; Cass. 25-7-1994 n. 6903; Cass. 20-12- 1982 n. 7026; Cass. 5-8-1982 n. 4398).

4) Per le ragioni esposte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui, pronunciando sull’appello incidentale subordinato proposto da R.R., ha dichiarato l’esistenza di una servitù di acquedotto per destinazione del padre di famiglia a carico dell’unità immobiliare attualmente di proprietà di M.S. e a favore dell’unità immobiliare attualmente di proprietà di R.R..

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 può decidere la causa nel merito, procedendo ad una nuova regolamentazione delle spese di appello. Tenuto conto della natura delle questioni trattate, tali spese vanno interamente compensate tra le parti; e analoga pronuncia va emessa in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, pronunciando nel merito,compensa le spese di secondo grado. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *