Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza 10.7.2010 n. 92 la 29A sez. Milano della Commissione tributaria della regione Lombardia ha rigettato l’appello proposto dall’ufficio di Sondrio della Agenzia delle Entrate e confermato la sentenza di prime cure dichiarando estinto per prescrizione il diritto fatto valere dall’Ufficio finanziario con ingiunzione di pagamento emessa ai sensi del D.L. n. 10 del 2007 conv. in L. n. 46 del 2007, avente ad oggetto il recupero di IRPEG ed IRAP per l’anno 1996, notificata in data 22.3.2007 alla Società per l’xxx s.p.a., beneficiarla (in qualità di società a prevalente partecipazione pubblica costituti ai sensi della L. n. 142 del 1990, art. 22 per la gestione di servizio pubblico locale di raccolta e smaltimento dei rifiuti) del regime di esenzione fiscale previsto dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 66, comma 14 conv. in L. 29 ottobre 1993, n. 427 – avente durata triennale dalla data di acquisto della personalità giuridica e comunque applicabile non oltre al 31.12.1999 come specificato dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 70 dichiarato con decisione della Commissione n. 2003/193/CE in data 5.6.2002 aiuto di Stato istituito in violazione dell’art. 88 paragr.
3 del Trattato.
I Giudici di appello rigettavano il motivo di gravame concernente la inammissibilità della eccezione di prescrizione (recte di decadenza D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43) formulata nella memoria illustrativa, ritenendo ritualmente proposta la eccezione con i motivi aggiunti D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24; disattendevano la tesi difensiva dell’Ufficio che, da un lato, individuava nella presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della società un atto interattivo della prescrizione, e, dall’altro, intendeva ricondurre alla data della decisione della Commissione il "dies a quo" di decorrenza della prescrizione del credito di recupero dell’aiuto; dichiaravano estinto il credito di recupero per maturazione del termine ordinario di prescrizione da applicarsi dalla effettiva erogazione dell’aiuto, in considerazione della analogia della fattispecie oggetto di giudizio con la azione di ripetizione dell’indebito oggettivo conseguente a sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma in base alta quale era stato effettuato il pagamento.
Avverso tale sentenza, con atto spedito a mezzo posta per la notifica in data 9.10.2010, ai sensi della L. n 53 del 1994 e della L. n. 69 del 2009, art. 55 ha proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate deducendo cinque motivi.
Ha resistito la società con controricorso eccependo la inammissibilità del ricorso notificato otre il termine di decadenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21.
Motivi della decisione
1. La società resistente ha eccepito la inammissibilità del ricorso per cassazione in quanto proposto oltre il termine di decadenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21 non essendo stato introdotto il giudizio entro sessanta giorni dalla notifica della sentenza di appello che assume essere stata eseguita in data 30.10.2009 a mani del Direttore dell’Ufficio provinciale di Sondrio della Agenzia delle Entrate, fondando la eccezione sul principio enunciato da questa Corte secondo cui la notifica della sentenza di merito presso la sede dell’Ufficio periferico, costituitosi in grado di appello, anzichè presso la sede centrale dell’Agenzia delle Entrate non è affetta da vizio di nullità e determina la decorrenza del termine per impugnare, in quanto "la nuova realtà ordinamentale (ndr. introdotta dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 istitutivo delle Agenzie fiscali) caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici della Agenzia in via concorrente ed alternativa rispetto al direttore, consente di ritenere che la notifica della sentenza di merito … e quella del ricorso possano essere effettuate, alternativamente, preso la sede centrale della Agenzia o presso i suoi uffici periferici, in tal senso orientando la interpretazione sia il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità, sia il carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato" (cfr.
Corte cass. SU 14.2.2006 n. 3116 e n. 3118 e le altre successive).
La eccezione è infondata in quanto dall’esame del fascicolo di parte resistente e degli atti di giudizio non è dato rinvenire "la copia notificata della sentenza della Commissione Tributaria Regionale e la relativa nota di deposito D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 38" che la resistente ha dichiarato di produrre con il controricorso (cfr.
contr. pag. 7).
2. I motivi di ricorso.
La Agenzia delle Entrate ha formulato le seguenti censure:
a) nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
I Giudici territoriali avrebbero ritenuto rituale la eccezione di prescrizione proposta, soltanto con memoria illustrativa, dalla società in primo grado – eccezione che era stata accolta dalla CTP – sull’erronea affermazione che non sarebbe comunque stato leso il diritto difesa dell’Ufficio, omettendo di considerare che la norma processuale tributaria consente la introduzione di "motivi aggiunti" soltanto in caso di produzione di nuovi documenti della controparte;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Il motivo è proposto solo in via tuzioristica e subordinata all’esame del predente motivo – dedotto sub a) – nel caso in cui il parametro di legittimità non fosse stato correttamente individuato e dunque qualora dovesse ravvisarsi, anzichè un’"error in procedendo", un "error in judicando";
c) nullità sentenza per omessa pronuncia su motivo di gravame ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
La Agenzia rileva che i Giudici di appello hanno del tutto omesso di pronunciare sul motivo di gravame con il quale si contestava l’applicazione da parte del primo giudice del termine di prescrizione, quando la normativa che regolava il recupero degli aiuti di Stato illegittimi prevedeva quale unico termine, peraltro non stabilito a pena di decadenza, quello per la notifica della comunicazione-ingiunzione, indicato dal D.L. n. 10 del 2007, art. 1 mediante richiamo della L. n. 62 del 2005;
d) violazione del D.L. n. 10 del 2007, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
La ricorrente deduce che la notifica in data 22.3.2007 della comunicazione-ingiunzione era da ritenersi tempestiva rispetto all’unico termine stabilito dalla disciplina normativa dettata per il recupero degli aiuti di Stato, che aveva superato il sindacato di legittimità costituzionale (Corte cost. ord. n. 36/2009), e che in quanto normativa di natura speciale escludeva la applicazione di termini di prescrizione o decadenza non rinvenibili nello stesso D.L. n. 10 del 2007;
e) violazione dell’art. 2934 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
La ricorrente deduce che il recupero dell’aiuto d Stato illegale costituisce un obbligo che trova fonte nel diritto comunitario e che non può pertanto esser assimilato ad una qualsiasi pretesa patrimoniale, non potendo sottrarsi lo Stato membro all’adempimento impostogli dalla decisione della Commissione. Ne consegue che la sentenza della CTR, riconoscendo applicabile la prescrizione, avrebbe violato la norma che sottrae alla disciplina della prescrizione "i diritti indisponibili e gli altri diritti previsti dalla legge" tra cui devono ricondursi anche le misure volte a recuperare gli aiuti di Stato illegali.
3. Il primo motivo è fondato.
Non è oggetto di contestazione che la eccezione di decadenza (e non di prescrizione) D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43 e la eccezione di prescrizione decennale ex art. 15 reg. CE n. 659/1999 (cfr. ricorso pag. 5) sono state irritualmente introdotte dalla società soltanto con "memoria illustrativa", depositata nel corso del giudizio di primo grado, in data 19.9.2007.
L’ampliamento del "thema decidendum" dedotto in giudizio, come fissato nell’atto impugnato (nella specie pretesa di recupero dell’aiuto fatta valere dalla Amministrazione statale) e dai vizi dell’atto ingiuntivo denunciati con i motivi indicati nel ricorso introduttivo, è consentito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2 nel termine perentorio ivi previsto, soltanto nel caso in cui la "integrazione" sia "resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione", ipotesi questa che non ricorre nei caso di specie, come emerge dalla lettura degli atti processuali ai quali la Corte può avere accesso diretto in considerazione dello specifico vizio di legittimità (error in procedendo) denunciato dalla ricorrente.
Palesemente erronea è, pertanto, la determinazione dei Giudici di appello che in assenza dei presupposti richiesti dalla indicata norma processuale hanno qualificato apoditticamente come "memoria integrativa" quella depositata nel giudizio di primo grado dalla società, anzichè dichiarare tardiva e quindi inammissibile le nuove eccezioni di decadenza e di prescrizione con essa proposte, ponendosi la pronuncia in palese contrasto con i principi di diritto affermati da questa Corte secondo cui nel processo tributano, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma della impugnazione dell’atto tributano per vizi formali o sostanziali, l’indagine sul rapporto sostanziale non può che essere limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, con la conseguenza che, ove il contribuente deduca specifici vizi di invalidità dell’alto impugnato, il giudice deve attenersi all’esame di essi e non può, "ex officio", annullare il provvedimento impositivo per vizi diversi da quelli dedotti, anche se risultanti dagli stessi elementi acquisiti al giudizio, in quanto tali ulteriori profili di illegittimità debbono ritenersi estranei al "thema controversum", come definito dalle scelte del ricorrente. L’oggetto del giudizio, come circoscritto dai motivi di ricorso, può essere modificato solo nei limiti consentiti dalla disciplina processuale e, cioè, con la presentazione di motivi aggiunti, consentita però, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 24 nel solo caso di "deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione" (cfr. Corte cass. Sez. 5, n. 19337 del 22/09/201) e comunque sempre che la memoria sia stata notificata entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui si è avuta notizia di tali documenti (cfr. Corte cass. Sez. 5, n. 24970 del 25/11/2005).
Del tutto irrilevante, attesa la esigenza di ordine pubblico sottesa alla norma che disciplina i casi tassativi che consentono l’ampliamento del "thema decidendum" – venendo ad incidere sulla ordinata e sollecita definizione del processo, è la condotta processale tenuta dalla controparte in quanto a fronte di una preclusione processuale, non può essere ricollegato alcun effetto sanante al comportamento dell’Amministrazione di accettazione del contraddicono nel merito (cfr. Corte cass. Sez. 5. n. 12442 del 08/06/2011).
Deve poi escludersi la rilevabilità "ex officio" non solo della eccezione di prescrizione (art. 2938 c.c.) ma anche di quella di decadenza introdotte con la memoria integrativa, atteso che il termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributario ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo, ha natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto tale decadenza non concerne diritti indisponibili dello Stato alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del fisco, sicchè è riservata alla valutazione del contribuente stesso la scelta di avvalersi o meno della relativa eccezione, da ritenersi, pertanto, eccezione in senso proprio, non rilevabile d’ufficio nè proponibile per la prima volta in grado d’appello (cfr.
Corte Cass. Sez. 5 n. 14028 del 27/06/2011).
4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso esaurisce l’obbligo di pronuncia della Corte, rimanendo assorbiti gli altri motivi dedotti dalla Agenzia delle Entrate, in quanto concernenti questioni attinenti a "thema decidendum" devoluto con i motivi di gravame al Giudice di appello, e non esaminate dalla CTR lombarda in quanto assorbite nella pronuncia di conferma della decisione di prime cure e di accoglimento della eccezione preliminare di merito irritualmente proposta dalla società.
5. In conclusione accolto il ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Lombardia affinchè decida sulle altre questioni dedotte con gli ulteriori motivi di gravame, liquidando all’esito anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE – accoglie il ricorso principale, quanto al primo motivo, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Lombardia affinchè decida sulle altre questioni dedotte con gli ulteriori motivi di gravame, liquidando all’esito anche le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.